«Molti parroci aspettano i fedeli in chiesa, lui aveva la volontà di andarli a cercare nelle loro case» con questa immagine Sergio Paschetta, sindaco di Cavour, ricorda il dinamismo che per 27 anni, don Mario Ruatta, ha portato in paese. Scomparso domenica 29 novembre, all’età di 81 anni, don Mario era ricoverato all’ospedale di Pinerolo a causa del Covid-19. «Non si fermava mai, era solito dire: “Nel 2022 faremo...” – racconta Giulio Brarda –. Guardava sempre avanti, mentre la sua testa macinava in continuazione progetti».
«È arrivato a Cavour nel 1988, dimostrandosi negli anni un grande pastore e svolgendo non solo l’attività di parroco ma anche quella di animatore della comunità religiosa e di quella civile» ricorda Paschetta, allora quattordicenne, che ha avuto modo di conoscerlo frequentando le attività della parrocchia. Le aspettative verso don Mario erano già alte fino dall’inizio, tanto che nel discorso con cui venne accolto in paese dal sindaco di allora, cioè Giulio Brarda, emerge proprio la consapevolezza della sua preparazione: «Ricordo che i racconigesi erano molto arrabbiati per la sua partenza. Lui aveva saputo però mantenere il legame, invitandoli tutti gli anni a Tuttomele e, di conseguenza, anche le due Amministrazioni comunali erano rimaste in contatto».
Originario di Costigliole di Saluzzo, ordinato nella diocesi di Saluzzo, don Mario aveva poi svolto la sua attività in quella di Torino, giungendo così anche a Cavour: «Era un seguace di Michele Pellegrino, arcivescovo di Torino e cardinale del concistoro, originario anche lui del Cuneese, penso l’avesse conosciuto durante gli anni di formazione – spiega Brarda – . Così era andato “in prestito” alla diocesi di Torino».
Al suo arrivo aveva accolto la specificità del Pinerolese puntando sull’ecumenismo e collaborando con la chiesa valdese così come testimonia il ricordo che Daniele Paschetto ha affidato alla pagina Facebook “Attorno alla Rocca di Cavour”: “Quando ci siamo conosciuti oltre 20 anni fa in occasione del mio matrimonio i rapporti tra cattolici e valdesi erano già buoni tanto che durante la cerimonia veniva sempre ospitata “l’altra parte” che poteva fare un breve intervento di auguri. Tu però decidesti diversamente: mi proponesti di incontrare il mio pastore Ruben (che il destino ha voluto che sia mancato due settimane fa) per fare una cerimonia del tutto ecumenica nella quale tu leggesti una lettura e Ruben la seconda. Qualche tempo dopo hai voluto partecipare ai falò del 16 febbraio con grande entusiasmo”.
In paese don Mario verrà ricordato anche dalla comunità non religiosa come un uomo dinamico e un costruttore di relazioni trasversali: «Creava rapporti che andavano oltre i muri della chiesa ed è stato partecipe nei momenti più importanti di molte famiglie del paese» racconta Paschetta e spiega come attraverso il suo spirito missionario il parroco era riuscito a coinvolgere la più ampia società civile nelle sue iniziative di sostegno dell’Africa e del Sud America. «Collaborava con la Pro loco e con il Comune con il quale organizzava i campi estivi a Torrette di Casteldelfino» aggiunge Brarda.
Ben testimoniano il suo spirito comunicativo e il suo atteggiamento informale, due iniziative che Brarda ricorda con piacere: «Aveva deciso di portare la novena anche nei bar e nei centri per anziani. Inoltre alcuni incontri della quaresima si facevano fuori dalla chiesa, nelle famiglie, ad esempio, nella sede degli Alpini o in quelle dei dopo lavoro frazionali».
Ma ci sono due luoghi di Cavour che rimarranno particolarmente legati a don Mario: l’Abbazia di Santa Maria e l’oratorio. «Era molto legato all’Abbazia e, collaborando con il Comune che è proprietario del sito, ha contribuito a rivalutare il luogo portando sul posto alcune celebrazioni» spiega Paschetta. Don Mario è stato al centro anche del rilancio dell’oratorio con il suo ampliamento e ristrutturazione.
Il funerale si svolgerà nella chiesa parrocchiale di Cervignasco mercoledì 2 dicembre alle 14,30. «Una delle chiese in cui ha continuato a celebrare in questi ultimi anni. Non stava benissimo di salute ma continuava a muoversi per svolgere il servizio nelle piccole comunità» spiega Brarda.
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