Il Nazionale

Sport | 09 novembre 2020, 00:01

I nomi perdono, le squadre vincono

IL COMMENTO DI FABIO GANDINI Ci sono due simboli nella quinta sconfitta consecutiva collezionata a Pesaro e in una compagine che sta sprofondando in classifica: sono i due giocatori più pagati e rappresentativi, Scola e Douglas. Il primo segna ma è “inutile” e tecnicamente quasi controproducente nell’economia generale, il secondo sta riscrivendo il significato di “impresentabile”. Il concetto alla fine è solo uno: Varese non c’è

I nomi perdono, le squadre vincono

I nomi non segnano un punto in più, non difendono meglio, non aspirano più rimbalzi (o permettono agli avversari di aspirarne uno in meno), non sanno evitare gli errori marchiani. 

I nomi non contano nulla, se sono delle isole in mezzo al mare di una squadra che non esiste. I nomi perdono, le squadre vincono.

La Pesaro che ha dovuto in extremis rinunciare a Tyler Cain, miglior rimbalzista del campionato e simbolo di una produttività che in queste desolate lande cestistiche conosciamo bene, ha battuto la Varese di una leggenda della pallacanestro come Luis Scola e di un ex Nba di lungo corso come Toney Douglas. E l’errore non c’è. Chi ha un impianto tecnico e mentale che funziona può sopperire a ogni assenza, rischiando anche di uscire dal campo a braccia conserte, ma mai con gli occhi bassi. Chi, fin da quest’estate, ha pensato invece solo a sfruttare una grossa e forse irripetibile occasione di marketing applicata al basket, ma non a tutto ciò che gli doveva stare intorno, chi ha assemblato un errore di equilibrio tecnico dietro l’altro, dal campo sta uscendo ogni domenica con le pive nel sacco. Sta sprofondando. Scriverlo non è una caccia al colpevole, è semplicemente cronaca.

Luis Scola oggi ha segnato altri 22 punti, confermandosi capocannoniere della Serie A: bene, bravo, bis. Pur ammantando i nostri occhi con alcune sue giocate, però, difficilmente ricordiamo qualcosa di più inutile nell’economia complessiva di una squadra. Anche oggi l’argentino nulla ha potuto nella difesa del canestro, anche oggi ha permesso agli avversari - insieme ai suoi compagni, si capisce - di raccogliere messe di rimbalzi: in assenza di Cain, il suo dirimpettaio Filipovity ne ha presi 17. Diciassette. E se c’è un’aggravante è che per l’ennesima volta ha provato a recuperare quasi da solo una partita che alla sua compagine stava disfacendosi nelle dita, collezionando sì alcune, solite prodezze, ma anche errori e confusione. Per l’ennesima volta, insomma, ci ha provato e non c’è riuscito. Colpa sua? Non poi così tanto: molto più di chi lo ha messo lì come un cerchio in un mondo di rettangoli. Oggi Luis Scola è un campione ancora fragrante ma inutile, quasi controproducente: fa malissimo scriverlo, ma della lesa maestà non ce ne frega un tubo. 

Mister sei stagioni tra i Pro, invece, al secolo Toney Douglas, è una croce rossa su cui vale sempre la pena di sparare. Perché a differenza del celebre socio Luis, lui non solo non c’entra nulla con il contesto, ma gioca anche in maniera invereconda. 3/13 dal campo oggi, solo 5 tiri presi a Sassari, 3/11 contro Bologna, 1/11 contro Cremona: cosa ci riserverà la prossima volta questa guardia che sotto al Sacro Monte ha disimparato a tirare, batte l’uomo in palleggio una volta a gara (se va bene), sbaglia canestri già fatti e si fa sbugiardare in palleggio da chiunque? Forse un autocanestro?

E così per venti minuti abbiamo sperato - ci siamo illusi - di portare a questa cronaca i timidi progressi di Michele Ruzzier, la prova d’orgoglio di Denzel Andersson, i bei canestri del secondo quarto, qualche sprazzo di difesa. Abbiamo sperato di raccontare per una volta una vittoria, il successo in trasferta senza due giocatori importanti come De Vico e Ferrero, il brodino caldo - buonissimo - che si serve agli ammalati convalescenti, la prima pietra di una nuova casa. Poi abbiamo visto Pesaro, i canestri di Carlos Delfino così ben integrati nel totale, la sua organizzazione, il suo recupero, la sua vittoria.

E abbiamo ri-deglutito il concetto: i nomi perdono, le squadre vincono. E Varese, al momento, non è una squadra.

Fabio Gandini

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