Ha chiesto la sospensione del processo con la messa alla prova il 50enne agricoltore del Roero imputato nel procedimento aperto nel settembre scorso presso il Tribunale di Asti (pubblico ministero Francesco Dentis) con l’accusa di aver ucciso il proprio cane.
Duplice l’accusa nei confronti dell’uomo, chiamato a rispondere di quanto previsto all’articolo 544 del Codice Penale perché, "per crudeltà e senza necessità", infieriva sul proprio animale con un corpo contundente (si presume un bastone di legno), cagionandone la morte, sopraggiunta per emorragia interna associata a trauma cranico.
Il fatto risale al settembre 2018. A rilevarlo, su segnalazione di un privato, i Carabinieri di Canale, che avevano denunciato l’uomo anche per un secondo reato, relativo alle insufficienti condizioni igieniche nelle quali l’agricoltore deteneva una vitella. Il 50enne è infatti accusato anche del reato previsto dall’articolo 727 comma 2 del Codice Penale, che prevede l'arresto fino a un anno o l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro per chiunque detenga "animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze".
Ora la richiesta circa la modalità alternativa di svolgimento del processo avanzata dal difensore del 50enne, l’avvocato albese Roberto Ponzio. Richiesta che ha indotto il giudice Marco Dovesi a differire il processo al prossimo 18 gennaio 2021 per valutare il programma del Uepe, l’Ufficio Esecuzione della Pena.
"Il mio assistito – spiega l’avvocato Ponzio – ha giustificato la propria condotta spiegando che il suo cane era in realtà afflitto da un male incurabile e che lui avrebbe quindi agito con lo scopo di evitare all’animale ulteriore sofferenza. La morte del cane è stata infatti cagionata tramite un colpo di fucile, e non crudelmente mediante bastonate. Valuteremo la durata e la modalità del programma onde assumere le conseguenti decisioni come la richiesta di rito alternativo".
Cronaca | 12 ottobre 2020, 10:41
Agricoltore roerino uccise il proprio cane: la difesa chiede la messa alla prova
Il cinquantenne si è difeso adducendo che l’animale era afflitto da un male incurabile e che avrebbe quindi agito per evitargli ulteriori sofferenze
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