Prima ad arrivare all’incriminazione furono vagliate tutte le ipotesi. Nessuna esclusa, anche quella dell’incidente. Tant’è che il cadavere restò a disposizione degli inquirenti per otto mesi. S.G. e O.A. i vicini di casa di Angelo Giordana furono iscritti nel registro degli indagati soltanto nel maggio 2018, mentre il cadavere dell’apicoltore era stato trovato nella sua abitazione a “Tetti Dietro Colletto”, borgata isolata sopra Entracque, il 20 gennaio.
E’ la premessa fatta dal pm Carla Longo questa mattina in Corte d’Assise a Cuneo durante la requisitoria nel processo per omicidio preterintenzionale di S.G. e O.A., per i quali è stata chiesta la condanna a 12 anni di reclusione.
Il sostituto procuratore ha ricostruito le complesse fasi delle indagini: “Gli imputati avevano la forza fisica, il movente e il libero accesso ai luoghi”. Al culmine di una lite, Giordana, 76 anni, sarebbe stato preso a botte e colpito con un bastone alla testa nel cortile della sua abitazione dai vicini, con i quali c’erano pessimi rapporti da anni.
“Lo lasciano sanguinante. Giordana si accascia al suolo e muore di freddo”, ha aggiunto l’altro pm Chiara Canepa. “I due allora decidono di coordinarsi e mettono in atto una messinscena. Creano il caos nella cucina, spogliano il cadavere. E se vanno, sperando che qualcuno lo trovi. E invece passano i giorni e nessuno se ne accorge, così decidono di andare ad avvertire il fratello di Giordana dicendosi preoccupati perché non lo avevano più visto”.
Gli indizi di colpevolezza. “Gli imputati hanno reso dichiarazioni false o reticenti”, ha spiegato il pm Longo. “Sul movente S.G. ha sempre minimizzato. Ha raccontato solo in parte i difficili rapporti di vicinato, sostenendo che poi tutto si era acquietato. Eppure nel 2004 Giordana lo aveva denunciato per essersi preso un pugno da lui, e a questa seguirono negli anni altre due denunce, oltre a essersi recato più volte dai carabinieri di Borgo San Dalmazzo a lamentarsi dei dispetti e dei comportamenti aggressivi di S.G., che secondo i famigliari del morto ‘attaccava briga e cercava rogna’”. La nipote aveva citato una delle ultime frasi dello zio: “Se non lo ammazzo io, mi ammazza lui”.
Altre incongruenze. Benché fosse passato nei giorni precedenti dal cortile del vicino dice di non aver visto le numerose tracce di sangue, subito notate da tutti gli altri la sera che fu rinvenuto il cadavere; impossibile che non avesse visto il cadavere quando si affacciò alla porta della cucina. E non è neppure vero che fosse stata la cognata a dirgli che il cadavere “era nudo e pieno di graffi”: “Non si erano neppure parlati”.
Le dichiarazioni di O.A. sui rapporti con Giordana non collimano con quelle rilasciate dal vicino : “Minimizzate”. E neppure lui ha detto di aver visto le macchie di sangue davanti a casa: “Inverosimile, stava facendo luce con una pila”.
Il pm Canepa: “Se fosse rimasto ferito cadendo da una scala in pietra all’esterno della casa, come sostenuto dalla difesa, Giordana avrebbe chiesto aiuto: alla moglie di O.A. con la quale i rapporti erano cordiali, o avrebbe telefonato alla cognata. Invece il cellulare fu trovato spento in tasca dei pantaloni che gli erano stati sfilati”.
Gli avvocati Alessandro Bruno e Gabriella Chiapella, che assistono il fratello, la cognata e le nipoti di Giordana si sono associati alle richieste dell’accusa, chiedendo altresì 343mila euro a titolo di risarcimento per danni patrimoniali e morali e oltre 200mila euro a titolo di risarcimento provvisionale.
Martedì prossimo la parola passerà alle difese degli imputati, i quali nella precedente udienza si erano dichiarati innocenti: “Non abbiamo fatto niente”.
Commenti