Anna Lucia Cecere e Marco Soracco, ex insegnante la prima e commercialista il secondo, "sono stati fortunati per 30 anni. Ma adesso è arrivato il tempo per la giustizia". Il tempo per dare pace alla mamma di Nada Cella, la segretaria uccisa a Chiavari il 6 maggio 1996 nello studio dove lavorava, che "per quasi 30 anni ha fatto fatica a dormire. Perché ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva l'immagine della figlia e si immedesimava nella sua paura".
Al processo per l'omicidio, rimasto finora irrisolto, hanno parlato gli avvocati delle parti civili. La pm alla scorsa udienza ha chiesto l'ergastolo per la donna e 4 anni per il professionista, accusato di favoreggiamento.
Per prima ha preso la parola l'avvocata Sabrina Franzone. Era stata proprio lei, insieme alla criminologa Antonella Delfino Pesce, a rileggere le carte e a trovare il collegamento con quella che anche per la procura uccise Nada in un impeto d'ira, perché voleva prenderle il posto di lavoro e sistemarsi con Soracco (difeso dall'avvocato Andrea Vernazza).
Ma la madre del commercialista "si era messa in mezzo, aveva detto a Nada di tenerla a distanza. Insomma era diventata una reietta, e quel giorno reagì". E Soracco l'ha sempre coperta "perché non voleva che venisse intaccata la sua reputazione".
Anche la zia dell'uomo aveva fatto trasparire quel fastidio in una sorta di romanzo, scritto solo per il nipote, in cui dice che Nada è un nome pretenzioso che in spagnolo significa niente, "un niente, però, che ha inciso un marchio doloroso e indelebile sulla nostra famiglia".
Nel processo, ha continuato la legale, "non c'è una prova regina, ma infiniti indizi, infiniti elementi" che portano a una sola e univoca ricostruzione. E lo ha detto rileggendo anche una intercettazione del 2021 tra Cecere (difesa dagli avvocati Gabriella Martini e Giovanni Roffo) e un suo ex in cui emergono delle contraddizioni della donna. In quella telefonata, l'imputata ripercorre il giorno della perquisizione, in cui le trovarono gli stessi bottoni trovati sul luogo del delitto, e i militari le chiesero anche cosa avesse fatto quella mattina.
L'ex insegnante afferma di avere detto prima che dormiva, poi che si stava alzando e dopo ancora che era al lavoro.




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