Ci sono serate che restano scolpite nella memoria collettiva, e quella del primo novembre lo sarà per il Borgo Don Bosco. Al parco Divisione Acqui, ottocento persone hanno celebrato la vittoria più attesa, quella che mancava da ventinove anni. Ma non è stata una festa qualunque: è stata una notte di gratitudine e ironia, quella tipica che solo un popolo che attende da tanto tempo una vittoria, che per troppo tempo immagina come sarà quella vittoria, può mettere in scena.
Lo ha dimostrato fin dall’inizio il rettore Massimiliano Stella, che ha aperto la serata tirando fuori un protocollo dei ringraziamenti in caso di vittoria, scherzosamente “impolverato” dopo quasi tre decenni di attesa. Un gesto che ha strappato sorrisi e applausi, dando il tono a una festa che ha saputo mescolare commozione e leggerezza.
Una festa di ringraziamenti, un borgo intero sul palco
È stata, come ha detto lo stesso rettore, una serata di ringraziamenti. Uno dopo l’altro, sono saliti sul palco gli esponenti della commissione corsa, ma le citazioni sono state tante, come tante sono le persone che, lontano dai riflettori, hanno contribuito in silenzio a costruire il successo del Borgo.Una su tutti, Jerry Malpede, che per anni ha svolto il delicato ruolo di tesoriere. Ma il ringraziamento più grande è stato riservato al popolo gialloblù, quel popolo che non ha mai smesso di crederci. “Dopo ventinove anni — ha detto Stella — riportare il Palio a casa è stato un sogno collettivo. È la vittoria di tutti, di chi ha corso, di chi ha organizzato, ma soprattutto di chi ha aspettato.”
Poi il tono si è fatto più intimo: “Essere rettore stasera è una grande responsabilità, più un onere che un onore — ha aggiunto — perché bisogna rsedito al lavoro di moltissime persone, da chi ci ha preceduto a chi oggi tiene vivo questo borgo. E il nostro compito è trasformare tutto questo in un insegnamento per le nuove generazioni.”
“La vittoria non è un punto d’arrivo”
Guardando al futuro, Stella non ha dubbi: “Questa vittoria non deve essere un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Dopo una vittoria può essere facile dire: ho lavorato per trent’anni, ora mi fermo. Invece è proprio adesso che dobbiamo dire: io ci sono, e lavoro per creare le condizioni perché le prossime generazioni possano raggiungere gli stessi obiettivi in meno tempo.”
E tra le certezze del futuro, una ha già un nome preciso: Giovanni Atzeni. “Giovanni è un punto fermo — ha confermato il rettore — la nostra disponibilità e la sua sono al cento per cento. Da domani si riparte insieme, con nuovi progetti e lo stesso entusiasmo.”
Atzeni: “Una vittoria che ha un sapore diverso”
Il fantino Giovanni Atzeni, accolto da un’ovazione, ha restituito al borgo tutto l’affetto ricevuto. “Nel 2016 abbiamo fatto un patto: restare insieme fino alla vittoria — ha ricordato — e nessuno ha smesso di crederci, nonostante le difficoltà e gli errori. Questa è la vittoria che amo, perché nasce da un legame profondo, costruito nel tempo, che dà a tutto un sapore diverso.”
E Tittia ha sciolto un voto: quello di parlare, di pronunciare un discorso che - aveva promesso- sarebbe arrivato solo quando si sarebbe vinto. “Forse oggi me la godo più che il giorno della corsa. Allora c’era l’adrenalina, ora c’è la consapevolezza. Guardare tutta questa gente e sapere che ce l’abbiamo fatta è la vera emozione.”
“Mi porto dietro questi ragazzi ovunque”
E parlando dei suoi compagni di avventura, Atzeni non ha avuto dubbi: “I ragazzi della Stalla lavorano con me da otto anni, sono cresciuti insieme a me. Hanno imparato tutto: metodo, passione, dedizione. Se dovessi correre all’altra parte del mondo, mi porterei loro dietro. Perché questa vittoria è anche e soprattutto loro.”Tra brindisi, applausi e cori, la festa si è trasformata in un abbraccio collettivo, sincero come solo il desiderio di riabracciare un Palio dopo ventinove anni può essere.
Il Don Bosco ha ritrovato il suo drappo, e con esso una comunità intera ha ritrovato la sua voce.

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