Dal mare e dalla Flotilla a Piazza Palazzo di Città. Abderrahmane Amajou ha incontrato i consiglieri comunali di Torino nel cuore di Palazzo Civico. Un momento di confronto e racconto, nato per ascoltare direttamente la sua esperienza a bordo della Global Sumud Flotilla, la missione civile internazionale che ha cercato di raggiungere la Striscia di Gaza per portare aiuti umanitari e rompere simbolicamente il blocco navale imposto da Israele.
L’attivista ha espresso la propria gratitudine verso la città e il sindaco Stefano Lo Russo per la vicinanza mostrata durante i giorni della sua detenzione. "È un onore essere qui, perché Torino ha dimostrato anche a livello nazionale una grande solidarietà – ha detto Amajou – Appena arrivato a Malpensa ho saputo dell’appello del sindaco per la mia liberazione e gliene sono grato".
"La Flotilla esiste perché la politica ha perso"
Durante l’incontro, Amajou ha spiegato le ragioni che lo hanno spinto a partecipare alla spedizione: "Ho scelto di partire perché, se la Flotilla esiste, è perché la politica ha perso. Se le persone chiedono un cambiamento, significa che la politica non è riuscita ad andare oltre. Eravamo 44 delegazioni e non c’era nulla di illegale: l’ingresso a Gaza doveva essere garantito, perché il blocco navale non è riconosciuto da nessuno, se non da Israele".
Ha ricordato il viaggio di 18 giorni che lo ha portato fino al punto di contatto con la marina israeliana, spiegando che lungo il tragitto la missione avrebbe incontrato ostacoli e interferenze nelle comunicazioni. "Hanno disturbato le linee, tanto che, prima degli arresti, oltre 150 telefoni sono stati gettati in mare per evitare intercettazioni o spionaggi," ha raccontato.
"Abbiamo risposto con calma non con rabbia"
Amajou ha poi descritto il momento dell’abbordaggio, spiegando che la spedizione aveva scelto la via della non violenza: "L’esercito israeliano si aspettava una resistenza, invece abbiamo offerto loro barrette energetiche e acqua. Volevamo mantenere un clima di convivenza".
Dopo l’arrivo al porto israeliano, però, il clima, come ha raccontato, sarebbe cambiato. "Da lì in poi è diventato tutto più teso, ci hanno umiliato facendoci per esempio inginocchiare davanti alle bandiere israeliane," ha detto. Amajou ha parlato anche di momenti di paura, come quello di un ragazzo genovese che avrebbe tremato per il panico, o di alcuni episodi di durezza da parte dei militari.
"Le piazze italiane ci hanno protetti"
Però, secondo Amajou, l’attenzione dell’opinione pubblica italiana avrebbe avuto un ruolo fondamentale: "Ho avuto paura quando mi hanno ammanettato, ma non ci sono stati maltrattamenti, anche se forse qualcuno li avrebbe voluti. L’attenzione delle piazze non lo ha permesso: i riflettori erano su di loro e su di noi".
Ha poi raccontato che durante la detenzione le condizioni sarebbero state difficili, con restrizioni e privazioni: "L’unica acqua disponibile era quella di un rubinetto, e alcune persone con passaporti più deboli sarebbero state costrette a stare in ginocchio per ore. Per il rientro a casa, hanno dovuto pagare le famiglie, non il governo".
Quando ha potuto incontrare il consolato italiano, la prima domanda è stata sull’Italia: "Ho chiesto come fossero le piazze, perché eravamo tagliati fuori da tutto." E proprio a quelle manifestazioni attribuisce una forza decisiva: "Le piazze hanno portato risultati concreti, come il blocco dei pezzi di ricambio per i caccia deciso dal governo Meloni. Vedere il 70% degli italiani al nostro fianco ha dimostrato che questo movimento è andato oltre la politica".
Le parole della politica
Durante l’incontro, il capogruppo del Partito Democratico, Claudio Cerrato, ha espresso la propria vicinanza all’attivista: "Grazie per il tuo impegno, che è servito a denunciare al mondo questa ingiustizia. Forzare il blocco navale è stato un atto pacifico per andare in questa direzione. Le piazze così piene si vedono solo quando ci sono ingiustizie conclamate e prive di cappelli politici. La vostra azione ha mostrato la debolezza della politica europea: anche l’armistizio in Palestina è arrivato come imposizione esterna. Questi fattori devono farci riflettere per riconnetterci con la nostra cittadinanza".
All’incontro non hanno preso parte i gruppi di opposizione: Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia.
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