Si è svolta oggi in tribunale a Varese una nuova e densa udienza del processo a carico di Marco Manfrinati, imputato per l’omicidio di Fabio Limido e il tentato omicidio della figlia Lavinia. Una giornata in cui sono stati escussi i soccorritori intervenuti quella mattina in via Ciro Menotti e, soprattutto, il medico legale incaricato delle analisi comparative e dell’autopsia.
La ricostruzione dei soccorsi
Le testimonianze dei sanitari hanno descritto un quadro di immediata gravità: l’uomo riverso a terra, privo di coscienza e già in arresto cardiaco, la donna ferita gravemente al collo e al volto, con un’emorragia imponente che metteva in serio pericolo la sua sopravvivenza. «Ha iniziato un sanguinamento copioso in corrispondente dell’arteria carotide e facciale, oltre a quella cervicale stimata per un litro e mezzo di sangue su un corpo che potenzialmente ne aveva 4 litri e mezzo.» I soccorritori hanno riferito di un accesso intraosseo d’urgenza, di intubazione e di un tentativo di stabilizzazione effettuato mentre la paziente perdeva rapidamente sangue dalle lesioni al volto.
La relazione del medico legale
Il momento più rilevante dell’udienza è stato l’intervento del medico legale, che ha presentato i risultati dell’attività peritale condotta sia sul corpo di Fabio Limido, sia sulle ferite riportate dalla figlia. Per quanto riguarda Lavinia, è stato confermato un quadro di straordinaria violenza: almeno 18 colpi localizzati al distretto testa-collo-spalla, più tre lesioni da difesa. Gli interventi chirurgici immediatamente successivi hanno cercato di suturare i rami laterali della carotide destra, riparare la guancia profondamente lacerata e ricostruire i danni al nervo facciale. In aggiunta, sono state riscontrate fratture vertebrali e plurime lesioni nervose permanenti. «La ferita sotto-mandibolare – ha spiegato il perito – era potenzialmente letale. La fortuna ha voluto che fossero interessate soltanto diramazioni e non il tronco principale della carotide».
La lesione X
Quanto al decesso di Fabio Limido, il medico legale ha rilevato 25 ferite in totale di cui 16 ravvicinate al volto e 6 al collo penetranti a livello latero cervicale. Tra queste, una lesione di particolare rilevanza: profonda dieci centimetri, ha attraversato con movimento basculante da sinistra a destra il collo recidendo carotide e giugulare. «La morte – ha chiarito – è avvenuta per shock emorragico. L’arma utilizzata, il coltello posto sotto sequestro, è perfettamente compatibile con tutte le ferite riscontrate».
Lesioni di difesa e dinamica dell’aggressione
Il perito ha sottolineato come siano state rinvenute anche lesioni da difesa, sia sulla vittima deceduta sia sulla sopravvissuta, segno di un disperato tentativo di protezione dall’aggressione. Le localizzazioni ravvicinate delle ferite, tutte concentrate sul lato sinistro del collo, sono state lette come compatibili con una condizione di immobilità o ridotta capacità di movimento da parte delle vittime al momento dei colpi.
Un processo che entra nel vivo
L’udienza odierna segna un passaggio cruciale del dibattimento: da un lato la drammatica descrizione dei soccorsi, dall’altro la perizia medico-legale che conferma la gravità e la compatibilità delle lesioni con l’arma sequestrata. Elementi che rafforzano il quadro accusatorio e che preparano il terreno alle prossime fasi processuali, quando la Corte dovrà valutare la responsabilità penale di Manfrinati rispetto all’accusa di omicidio e tentato omicidio.
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