Aprendo l’armadio, è praticamente impossibile non trovare una maglietta a righe e un paio di jeans, e forse anche una giacca robusta e quasi certamente Ma da dove vengono davvero questi capi? A raccontarne la storia sono Elena Lucarda Scovazzi, anima della bottega storica Lucarda, e Cristiana Crisafi, storica della moda ed esperta di comunicazione, che hanno raccontato come l’abbigliamento nato per il lavoro in porto abbia lasciato le banchine per entrare negli armadi cittadini, diventando patrimonio culturale e icona di stile.
L’occasione è stato l’evento organizzato nello stand di Camera di Commercio e di Regione Liguria all’interno del Salone Nautico, che ha avuto luogo nel pomeriggio di martedì 23 settembre. L'obiettivo? “Volevo raccontare non solo l’evento, ma anche la storia dei capi, il loro contesto e il legame con Genova” spiega Lucarda. “Cristiana era la persona giusta: esperta nella storia dell’abbigliamento, avrebbe dato valore aggiunto alla comunicazione”. Così è nata una collaborazione che ha portato i visitatori del Salone a scoprire non solo maglie e tute, ma intere epoche di vita portuale.
Tra i capi storici scelti, la pidocchiera emerge come simbolo di identità marinaresca: una maglia in lana pensata per i marinai, dagli ufficiali ai membri di coperta. “All’epoca la lana era grezza e pungente, ma durava a lungo - spiega Crisafi -. Oggi viene realizzata in tessuti più morbidi, mantenendo la struttura originale e la memoria del modello”. Ci sono poi le tute da lavoro, giacche con loghi di compagnie di navigazione ormai scomparse e la marinière, detta anche Lucardina, la maglia a righe diventata icona di stile urbano.
“La tuta nasce come capo unico per proteggere gli abiti sottostanti durante lavori duri: era usata dai portuali, dai meccanici e dagli operai, e negli anni ’20 e ’30 si diffuse nei porti italiani. Poi è diventata simbolo di comfort e streetwear, come oggi nelle jumpsuit contemporanee”.
Elena aggiunge un dettaglio che collega la moda alla vita quotidiana della città: “Abbiamo fornito tute anche per aziende come Fiat, dimostrando che l’abbigliamento tecnico non restava confinato al porto, ma attraversava contesti diversi”.
E poi c’è la marinière, nata nella Marina francese nel 1858 per identificare i marinai caduti in mare, che nel tempo ha conquistato città e passerelle. “Grazie alla moda parigina e a stilisti come Coco Chanel, la marinière si è staccata dal suo ruolo di uniforme e oggi è un capo indossato ovunque, dai lavoratori del porto alle strade delle città - spiega Crisafi. - Un piccolo dettaglio di tessuto che racconta il mare e lo trasporta nella vita quotidiana”.
Parlando di abbigliamento da lavoro che ha fatto storia, è impossibile non menzionare i jeans. Ma da dove arrivano davvero? La questione è complessa e al centro di un'annosa disputa tra Italia e Francia. Da una parte c'è la "tela di Nîmes", da cui deriva il termine "Denim"; dall'altra il "Blue di Genova", che ha dato origine a "Blue Jeans".
Sebbene l'origine del tessuto sia dibattuta, furono gli americani a commercializzarli su larga scala. La figura chiave fu il tedesco Levi Strauss che, insieme a Jacob Davis, creò i moderni Levi's. Strauss partì per l'America portando con sé sia il tessuto "Blue de Gen" sia la tela di Nîmes. I loro pantaloni, resi più resistenti dall'aggiunta di rivetti di ferro sulle tasche, erano pensati per i minatori. Da indumento da lavoro per eccellenza, il jeans si è trasformato in un'icona globale.
Come riassume una celebre citazione di Yves Saint Laurent, il jeans è "il capo più spettacolare, più pratico, più rilassante e informale. I jeans hanno espressività, sex appeal, semplicità, tutto ciò che io auspico nei miei vestiti". Questa frase emblematica racchiude perfettamente il percorso di questi capi: nati per la fatica, oggi sono un simbolo di libertà e stile senza tempo.
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