“Nonostante la Rai vado avanti pure io e comunque sono solo contento del fatto che, in un senso o nell'altro, io abbia aiutato il comune. Mi dispiace solamente che, per una questione etica e morale, nessuno si sia comunque scusato per l'operato, quantomeno delle amministrazioni precedenti, perché evidentemente se oggi c’è un bando, è anche merito mio”.
Sono queste le parole di Sergio Cerruti, manager del settore discografico e titolare della ‘Je Entertainment’, società che negli ultimi mesi ha intentato una serie di ricorso, tra Tar e Consiglio di Stato, in relazione alla assegnazione dell’organizzazione del Festival di Sanremo.
“Mi auguro – prosegue Cerruti - che i cantanti e soprattutto l'industria musicale prendano un po' più soldi, e sinceramente se il comune prenderà qualche soldino in più lo deve sempre a me. Dispiace solo che questo nessuno l'abbia rilevato, perché l'industria musicale è in difficoltà a Sanremo. La mia è una battaglia di giustizia, e sicuramente lo squilibrio nel rapporto con la Rai non c'era solo da parte nostra, ma c'era anche nei confronti del comune. Io ho sempre detto che il Festival non si sarebbe dovuto muovere da Sanremo, ho sempre difeso la città e ovviamente ho sempre detto che non sarebbe andato da nessuna parte. Mi dispiace solo che io sia sempre considerato l'uomo nero”.
Cerruti ha voluto nuovamente precisare di non aver fatto tutto questo per portare via il festival alla Rai: “L'iniziativa è nata per equilibrare i rapporti e per portare ciò che è dovuto all'industria della musica e al comune di Sanremo, che io ho sempre visto come un alleato, non come un nemico. Loro (il comune, ndr), viceversa, hanno visto come un alleato la Rai e come un nemico me. Ma perché, c'è stato mai in dubbio che il festival non fosse del comune di Sanremo? Penso che, quello a cui abbiamo assistito sia una tecnica che usano gli americani che si chiama PAS (Problem Agitation Solving): creo un problema, creo agitazione intorno e poi ti trovo una soluzione. Il problema non è stato mai il format, anche quando la RAI e il comune hanno cercato di infilare la causa in tribunale, i discorsi sul format, sui giornali, è stata una dissimulazione. Io voglio bene al Festival, a Sanremo ed ai sanremesi, mentre al comune un po' meno. Potrei voler bene anche a palazzo Bellevue, se all’interno fossero un pochino più pacifisti e non guerrafondai. In più c’è da evidenziare come non ci sia mai stato dialogo e questa è sicuramente la più grande sconfitta per un uomo politico”.
Cerruti ha colto l’occasione per confermare di voler andare avanti nella sua battaglia: “Se loro hanno pensato che io mi ritirassi hanno sbagliato. Io, per coerenza e visto che con me non ci parla nessuno, vado avanti. Non avrò i soldi, non avrò il Festival di Sanremo, ma non era quello il mio obiettivo, ma almeno avrò ragione per un’altra volta. Poi io vivo per soddisfazione, faccio il produttore e per me questo è come un disco di successo. Io mi sento a posto con la mia coscienza. Se poi abbiamo un governo che guarda che neanche il Festival di Sanremo può essere gestito come un appalto pubblico secondo le norme vigenti, c’è qualcosa che non va. Poi la percezione che loro abbiano vinto, ma cosa? Se qualcuno che ha vinto sono io. Io ho vinto perché due sentenze al tribunale danno ragione a me e voi avete fatto per anni una cosa che non potevate fare. Questi sono i dati”.
Cerruti poi punta il dito contro la manifestazione di interesse: “Ma l’avete letto il bando? Non si poteva presentare nessun altro, oltre la Rai. Non era solo una questione legata al 15% di share. Ma perché deve essere forzatamente un broadcaster a partecipare? La Rai non produce tutti i programmi che trasmette e allora perché è così attaccata al Festival di Sanremo? Ovviamente ci sono altre logiche”.
Ora, mentre si lavora già da giorni al Festival di febbraio e di ‘Sanremo giovani’ di dicembre, con la spada di Damocle della sentenza Tar del 18 ottobre prossimo, in relazione al ricorso dello stesso Cerruti: “Sicuramente se il TAR darà ragione a me, ci sarà una impugnazione al Consiglio di Stato. Io sono abbastanza sereno di avere ragione nuovamente. Quando abbiamo fatto una richiesta di chiarimento, questo è arrivato a 15 giorni dal termine di presentazione, quindi io non avrei potuto sondare il mercato in nessuna maniera. Rimane chiaro che, se io apro un varco, lo faccio per un motivo etico, di protezione dell'industria nell'espletamento delle mie attività di operatore di settore”.
Se ad ottobre dovesse vincere la sua linea? “Non può succedere niente per il Festival 2026 ovviamente mentre, per il 2027 e se il Consiglio di Stato si pronunciasse a mio favore, la gara sarà da rifare”.
E, infine, sul discorso rimborsi da parte della Rai ai cantanti c’è qualche novità? “Ancora nulla – termina Cerruti – ma tutto questo casino nasce perché comunque l'industria musicale che rappresenta il contenuto del Festival non è stata mai valorizzata nel senso economico, corretto e proporzionale. Detto questo devono dare più soldi all'industria della musica perché senza i cantanti il Festival non si fa. I big devono incassare minimo 100mila ma anche i giovani devono avere di più, perché altrimenti non ce la fanno, visto che chi ha già un grande successo ha meno problemi di soldi. Io ho fatto una battaglia per tutti e per fermarci un attimo a riflettere su come si dovrebbero fare le cose. Al sindaco e all’assessore dico che sono pronto a un confronto davanti a un pezzo di focaccia o di sarde naira. Io ci sono”.
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