Il Nazionale

Cronaca | 16 settembre 2025, 19:12

Botte, insulti e violenze alla compagna: 34enne residente in un centro delle Langhe condannato a 3 anni e dieci mesi di carcere

Un crescendo di insulti, percosse e minacce ai danni della donna, gravemente vessata sin da quando era in attesa della loro figlia

Botte, insulti e violenze alla compagna: 34enne residente in un centro delle Langhe condannato a 3 anni e dieci mesi di carcere

Tre anni e dieci mesi di reclusione, oltre a 25mila euro di risarcimento danni e al divieto di avvicinarsi all’ex compagna, vittima di maltrattamenti.

E’ la condanna che il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Asti Elio Sparacino ha pronunciato nei confronti di N. A., 34enne di nazionalità marocchina, nato a Corato, in provincia di Bari, e residente in un centro delle Langhe, rinviato a giudizio su richiesta del pubblico ministero Davide Greco in forza di una serie di ipotesi di reato tra le quali maltrattamenti aggravati, lesioni aggravate e violenza sessuale.

L’uomo doveva rispondere di un elenco di azioni commesse ai danni della compagna e convivente 32enne,  vittima di vessazioni sin da quando la donna, anche lei straniera e rappresentata in giudizio dall’avvocata albese Silvia Calzolaro, era in attesa della figlioletta della coppia. Bambina che, nel corso di quella travagliata convivenza, in più occasioni sarebbe diventata involontaria spettatrice di un inaccettabile crescendo di soprusi e violenze.

L’elenco di accuse raccolto dalla Procura annovera infatti abituali insulti, minacce di morte e percosse.

Lui avrebbe apostrofata la compagna con epiteti irripetibili, provocandola e umiliandola con frasi del tenore di "perché non ti ammazzi?", "non meriti nulla".

Mentre lei era incinta le avrebbe tirato acqua gelata addosso. La colpiva con uno schiaffo dopo che lei aveva partorito da pochi giorni. In un'occasione le schiacciava la faccia sul pavimento e in un’altra le spegneva una sigaretta sulla guancia. Al contempo le impediva di uscire di casa e di utilizzare il telefono per chiedere aiuto.

Nel settembre/ottobre 2016 tentò addirittura di strangolarla premendole il capo contro il divano, fermandosi solamente all'arrivo dei genitori. Due mesi dopo la sbattè contro un termosifone.

Il 29 settembre di un anno fa cercò di usarle violenza, prima nel pomeriggio e poi ancora la sera, costringendola poi a dormire con lui per controllare che non chiamasse aiuto.

Dopo quei fatti, essendosi la donna allontanata da casa, la tempestava di chiamate e messaggi, arrivava a pedinarla, la seguiva sul luogo di lavoro e le sputava addosso.

Addebiti respinti dall’uomo, che difeso dall’avvocato del foro di Asti Francesco Moramarco, aveva chiesto di avvalersi del giudizio abbreviato all’audizione di un teste, il padre di lui. Nei giorni scorsi l’udienza che ha portato alla condanna in primo grado dell’uomo.

E. M.

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