Sta per iniziare l'ultima fase del processo sul delitto irrisolto di Nada Cella a Genova, cold case riaperto nel 2021 sulle responsabilità della morte della giovane segretaria dello studio del commercialista Marco Soracco, uccisa il 6 maggio del 1996 a Chiavari.
Il processo, che si era aperto ad inizio anno dopo il rinvio a giudizio dell'ex insegnante cuneese Anna Lucia Cecere, unica attuale imputata per l'omicidio, si avvia al rush finale.
Dopo la pausa estiva stanno per ripartire le udienze, al via dal prossimo 18 di settembre.
Prima dell'interruzione estiva era terminato l'esame dei testimoni dell'accusa, volti e nomi che hanno attraversato quasi 3 decenni, chiamati in aula per cristallizzare i loro ricordi sulle due figure principali imputate nel procedimento, oltre a Cecere il commercialista di Chiavari Marco Soracco, accusato di favoreggiamento inizialmente insieme alla madre, poi uscita dal processo per motivi di salute in parte dettati dall'età e dalle condizioni che non le permettono di stare in giudizio e testimoniare.
Mentre non è mai comparsa in aula la figura principale, l'unica imputata per il delitto, l'ex insegnante di Boves attorno alla quale si è concentrata l'ipotesi accusatoria, legata ad un rapporto mai chiarito e occultato da 30 anni di reticenze con Soracco. Derubricato a semplice conoscenza dai diretti interessati, non così secondo le diverse testimonianze che in questi mesi sono state ascoltate in aula per ricostruire i contorni di un rapporto che avrebbe visto, secondo l'ipotesi accusatoria, agire Cecere, mossa da rancori nei confronti della segretaria che avrebbe eseguito l'ordine imposto di non passare più le telefonate della donna a Soracco. Forse invaghita, da più d'uno indicata come 'in cerca di una sistemazione' dopo un'infanzia e una vita difficile, Cecere non è mai apparsa in aula, e con ogni probabilità continuerà a non comparire com'era stato precisato nel corso dell'ultima udienza a luglio quando era emerso che la donna non si sarebbe sottoposta a interrogatorio in dibattimento.
Dovranno invece essere esaminati alla ripresa i testimoni della difesa, ultima fase prima delle requisitorie dell'accusa e dell'intervento in aula dei rappresentanti di parte civile, l'anziana madre di Nada e la sorella.
Saranno le ultime fasi del primo grado del procedimento, che dovrà scrivere una prima verità giudiziaria nel primo processo vero e proprio aperto dal '96 ad oggi, su quanto accadde nello studio di via Marsala a Chiavari dove Nada venne massacrata sul posto di lavoro, alle 9 di una mattina come tante, appena entrata al lavoro.
Dovrà chiarire chi agì, in un delitto d'impeto, le cui prime mosse si consumarono sulla porta dello studio di uno dei commercialisti più noti del Tigullio in un giorno come tanti. Chi suonò al campanello, poco prima dell'apertura dello studio, trovando solo la segretaria che, forse dopo una breve discussione, venne colpita a ripetizione dalla porta fino al suo ufficio. Una mano rimasta ignota, tra testimonianze rievocate nel corso di questi mesi: quella donna sporca di sangue, avvistata nei minuti successivi al delitto mentre nasconde qualcosa nella sella di un motorino, per poi sparire. Per l'accusa, si tratta di Cecere. Indagata per soli 5 giorni, perquisita a casa, e poi scagionata uscendo dalla storia per quasi 30 anni. Nonostante quella che è considerata la 'prova regina' in un processo indiziario: il ritrovamento nel corso della perquisizione della sua abitazione - a pochi isolati da via Marsala e dal luogo del delitto- di 5 bottoni del tutto simili a quello rinvenuto sotto il corpo di Nada agonizzante. In una scena del crimine irrimediabilmente compromessa sul fronte della conservazione delle tracce, per permettere i soccorsi e tentare di salvare la ragazza, morta poche ore dopo in ospedale, portando via con sé la verità sull'autore del delitto.
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