Se il Festival fosse anche matematica, si potrebbe tradurre in una semplice equazione, dalla soluzione racchiusa in un nome, uno solo fra i tanti: Pippo. Che sta per Baudo, ultimo gigante della tv italiana, uscito di scena in punta di piedi nel torrido sabato sera post-Ferragosto. Lui che le scene le ha sempre dominate, con il fisico e con la testa, mattatore assoluto che sapeva anche diventare spalla dell'ospite all'occorrenza. Amava visceralmente il Festival, di cui è stato re dei conduttori, arrivando a 13 edizioni spalmate tra 1968 e 2008, 7 delle quali anche come direttore artistico, dopo l'archiviazione della figura del patron.
E proprio la doppia veste gli aveva consentito di sprigionare tutte le sue capacità, dominando il palco come nessun'altro: era uno spettacolo vederlo in azione già durante le prove, mentre in diretta la sua lucida padronanza rassicurava la platea dell'Ariston ed i telespettatori anche durante gli imprevisti, fuori programma che avrebbero destabilizzato pure navigati presentatori, ma non lui. Basti ricordare l'incursione di Cavallo pazzo (1992), al secolo Mario Appignani (disturbatore quasi di professione), il “salvataggio” (1995) del disoccupato Pino Pagano che minacciava di gettarsi dalla balconata della galleria, oppure la volta (1984) che uscì dal teatro in piena trasmissione per andare a parlare con gli operai dell'Italsider, i quali protestavano in via Matteotti contro i licenziamenti, e ne portò alcuni davanti alle telecamere per esternare le loro rivendicazioni in un improvvisato momento di tv verità.
Amava il Festival, che contribuì a rilanciare con la formula delle cinque serate, e di riflesso Sanremo. Ricambiato dalla gente, che lo accoglieva sempre con calore, misto a rispetto e gratitudine per come e quanto sapeva spendersi generosamente nei periodi sanremesi, dalle settimane di preparazione in cui non era difficile incontrarlo nelle vie del centro alle frenetiche giornate della kermesse in cui viveva di fatto all'Ariston. Non a caso, la città ha voluto fissare in modo indelebile il rapporto speciale costruito nei decenni attribuendogli il titolo di Amico di Sanremo. Chi non ricorda il famoso jingle “Perché Sanremo è Sanremo”, diventato una sorta di manifesto festivaliero? E' nato con lui, firmato da Sergio Bardotti e un altro Pippo, il maestro Caruso, compagno di tanti programmi televisivi.
Ed è a “SuperPippo”, con i suoi “poteri” artistici, che sono legate l'invenzione del Dopofestival, per dilatare le serate con i commenti a caldo su canzoni e interpreti, e della sezione Nuove proposte, per dare più spazio ai giovani. Cinque le edizioni consecutive “confezionate”, dal 1992 al 1996, al culmine del suo strettissimo rapporto con il Festival. Come Mike Bongiorno e, di recente, anche Amadeus. Il battesimo fu al Casinò, nell'anno complicato dopo il suicidio di Luigi Tenco, in cui vinse Sergio Endrigo (Canzone per te) in coppia con Roberto Carlos. Al suo fianco Luisa Rivelli. E subito si trovò a dover risolvere un “caso” in diretta: Louis Armstrong, mito del jazz, scambiò la gara per un piccolo concerto e toccò a lui interromperlo. L'ultima volta da re del Sanremone si è consumata con accanto Michelle Hunziker, vincitori Giò Di Tonno e Lola Ponce (Colpo di fulmine).
In mezzo tanta storia festivaliera, dalla trovata delle co-conduttrici (non più vallette) tricologicamente diverse, la bionda e la mora, al lancio di talenti purissimi come Andrea Bocelli, Eros Ramazzotti, Giorgia, Laura Pausini. Senza dimenticare le edizioni con star internazionali, da Madonna ai Duran Duran, che mandarono in tilt il cuore della città, fino a Whitney Houston (celeberrimo il bis) e Sharon Stone, oltre a momenti d'iconica comicità legati a Roberto Benigni (dal quale si fece strapazzare, prestandosi al gioco dello show) e al trio Solenghi-Lopez-Marchesini. Nel 2019 il ritorno, soltanto come ospite di Claudio Baglioni, padrone di casa di turno, che gli aveva offerto la conduzione di Sanremo Giovani in tandem con Fabio Rovazzi. Invecchiato, appesantito dagli acciacchi, ma inappuntabile come sempre stretto nello smoking e con la battuta pronta: “A Sanremo ho un certificato di residenza senza scadenza. E quando inizia il Festival sono come E.T.: Festival-casaaaa...”. L'equazione, appunto: Baudo sta a Sanremo come Sanremo sta a Baudo.
Già, nei quarant'anni in cui a tappe ha tenuto le redini del più grande evento musicale italiano ne ha conosciuti amministratori e maggiorenti locali. E gli è pure capitato di affidarsi alle cure di un sindaco medico, l'otorinolaringoiatra Giovenale Bottini, quando le sue corde vocali rischiarono di renderlo afono in pieno Festival. E se Mike ha conservato un posto a Sanremo anche dopo la morte, con la fotografatissima statua che spicca in via Escoffier, pieno centro, bisognerebbe già cominciare a pensare un modo, un segno, insomma qualcosa per legare Pippo alla città in forma indissolubile.
Non c'è stato tempo per chiedergli come stesse vivendo questi mesi d'incertezza sul futuro del “suo” Festival, con i rapporti tra Rai e Comune resi complicati dalle sentenze della giustizia amministrativa, ma il destino ha voluto che al timone dell'evento vi sia nuovamente il conduttore-direttore artistico che più incarna lo stile baudiano, Carlo Conti. Che, non a caso, ha chiuso l'edizione 2025 sottolineando: “E' una meravigliosa messa cantata, un meraviglioso rito collettivo. Che ci ha insegnato Pippo Baudo”. E adesso che non c'è più, assicura che il Sanremo 2026 sarà (anche) nel suo ricordo, negoziato permettendo.
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