Se è vero che, almeno nell’immaginario da bar, politica e calcio sono spesso argomenti destinati a viaggiare di pari passo, nell’epoca della velocità a tutti i costi i due filoni si trovano accomunati anche da un tratto comune: la tendenza a bruciare le tappe. O, almeno, l’idea che farlo possa essere una buona cosa.
Fino a una ventina di anni fa, un giovane talento del pallone doveva assaggiare per anni il fango dei campi di provincia prima di approdare al grande calcio o anche solo immaginare di vestire, un giorno, la maglia della Nazionale. Oggi basta qualche prestazione sopra la media per parlare di predestinazione, scomodare paragoni spesso inopportuni, lanciare nomi nell’olimpo dello sport. Salvo poi fare i conti, talvolta, con una retromarcia tanto difficile quanto deleteria per chi si ritrova, suo malgrado, a viverla. Qualcuno ce la fa, altri no.
Negli ultimi due decenni la politica non è stata a guardare. E, ovviamente, ha preso spunto. Astri nascenti in ogni dove, nomi nuovi, pagine di giornali piene di possibili talenti pronti a spodestare le cariatidi che da anni affollano i palazzi del potere. E anche in questo caso, non sono mancati i dolorosi dietrofront. Ripetiamo il concetto: qualcuno ce la fa, altri no.
Una dinamica che non ha risparmiato, almeno nel racconto pubblico, la neo sindaca di Genova, Silvia Salis. Se all’interno dei confini cittadini il suo nome rappresenta la rinascita del centrosinistra genovese, su scala nazionale è stato impossibile fermare il fiume di voci e opinioni che la vedono già come astro nascente della politica, come collante di un campo largo mai così ampio e mai così unito come oggi lo si sta vedendo a Genova.
Le prime avvisaglie in diretta a La7, quando Giovanni Floris incalzò la prima cittadina chiedendole conto di un suo possibile ruolo da ‘anti-Meloni’ alle prossime politiche (2027). Domanda diretta, risposta di circostanza. Ovvio.
Sempre in ambito giornalistico, Sky ha rincarato la dose qualche giorno fa, tirando in ballo il nome di Salis e accostandolo a quello di Pier Silvio Berlusconi, in una sorta di parallelismo tra due possibili volti nuovi per centrosinistra e centrodestra.
Il senso delle risposte firmate Salis è sempre lo stesso, concetto ribadito di recente sulle colonne del Corriere della Sera: “Non andiamo oltre con la fantasia”.
Ma poi di mezzo ci si è messa anche la politica, quella nazionale. La strana coppia formata dall’ex premier Matteo Renzi e dall’ex ministro Dario Franceschini non si nasconde: fare di Salis la frontwoman della prossima corsa elettorale è ipotesi concreta. Il nome e il volto ideali per trasformare il campo largo in una vera e compatta squadra anti-destra. D’altronde, se a Genova ha funzionato, potrebbe funzionare anche a Roma…
Che Renzi straveda per Salis non è un segreto. Il leader di Italia Viva è stato il primo ad annunciare sui social la vittoria alle comunali durante lo spoglio del 26 maggio (quando ancora mancavano parecchie sezioni da scrutinare, va detto), quasi a voler rivendicare quella primogenitura sancita con la partecipazione di Salis alla Leopolda, quando ancora la discesa in politica era un’ipotesi lontana.
Franceschini, per contro, sembra aver visto nell’ex vicepresidente del Coni una figura utile per togliere dalle mani di Elly Schlein le leve del comando del centrosinistra nazionale. Un progetto apparentemente personale che, però, potrebbe piacere anche ad alcuni alleati del campo largo, da tempo desiderosi di un cambio di passo.
Nei giorni in cui scriviamo, sono passati due mesi dall’elezione a sindaca di una donna che, fino a qualche tempo prima, era legata alla politica cittadina solo dal filo della rappresentanza sportiva e istituzionale. In poche settimane tutto è cambiato.
Poche settimane, appunto.
Tanto basta per fare di lei la ‘preda’ ideale per giornali desiderosi di lanciare il nuovo talento del momento e per politici pronti a ergersi a registi di un cambiamento nazionale per sfidare ad armi pari un centrodestra che, in questi anni, non ha mostrato crepe, pur incassando diverse picconate.
In mezzo c’è una Genova che chiede risposte. Che le ha affidato le chiavi del cambiamento dopo sette anni di governo di un centrodestra mai visto prima al comando a queste latitudini.
Sono passati due mesi. E non si può correre il rischio di bruciare quelle tappe che, invece, qualche talentuoso calciatore agli esordi avrebbe dovuto affrontare con pazienza.
L’eventuale retromarcia, in questo caso, porterebbe con sé un’intera città. E, con lei, la fiducia in un campo largo che oggi prova a raccontarsi attraverso il nuovo modello-Genova, dopo l’era di Bucci & co.
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