Verrà pronunciata il 19 settembre prossimo la sentenza relativa all’incidente sul lavoro avvenuto nel capannone della Trae Srl, azienda di autotrasporto di Busca, dove perse la vita l’elettricista Daniele Peroncelli. Era il gennaio 2020.
Quella mattina l’operaio, a bordo di una piattaforma elevata alta otto metri, stava svolgendo lavori di manutenzione su alcuni lampadari appesi al soffitto, quando, ad un certo punto, facendo retromarcia, batté la testa contro una capriata e cadde a terra esanime. L’impatto e il trauma cranico furono fatali.
Ad avergli subappaltato il lavoro era stata la ditta per cui lavorava prima di mettersi in proprio, la IM.Q, i cui titolari, M.Q. e D.Q., sono ora accusati in tribunale a Cuneo di omicidio colposo. Con loro, c’è anche D. B. il proprietario del capannone e titolare della Trae. Coimputato, nonchè proprietario del mezzo su cui Peroncelli era a bordo, l’imbianchino S.B. La famiglia di Peroncelli è costituita parte civile contro i titolari della IM.Q. Per la Procura, rappresentata dal pubblico ministero Alessia Rosati, il lavoratore non si sarebbe dovuto trovare su quella piattaforma che, tra l’altro, oltre ad avere avuto i pittogrammi sui tasti del comando sbiaditi, Peroncelli non avrebbe nemmeno potuto guidarla perchè privo dell’abiltazione. Quanto sostenuto, ha portato il pm a chiedere la condanna per tutti gli imputati: 3 anni di reclusione e 7 mesi di arresto per D.Q., 3 anni anche per M.Q. e 14 mesi di arresto e per D.B. e S.B. 2 anni di reclusione. Analoghe conclusioni sono poi state rassegnate dal legale della famiglia della vittima, che ha chiesto un risarcimento da corrispondere alla figlia di un minimo di 154mila euro, altrettanti per la moglie, 119 mila euro in favore dei genitori e 21mila euro per la sorella.
Di contro, le difese degli imputati, chiedendo l’assoluzione, sostenendo invece, anche a seguito dell’escussione dei consulenti tecnici, che l’incidente sarebbe avvenuto a seguito di un errore umano. La piattaforma, stando a quanto emerso, sarebbe funzionata correttamente e non avrebbe presentato alcun difetto: anche i pittogrammi, le cui sbiaditure non avrebbero compromesso la visuale perché non così usurati, sarebbero stati abbastanza intuitivi.
Per l’avvocato dei titolari della IM.Q, avrebbe dovuto essere la Trae, in quanto “committente del lavoratore” a “ridurre al minimo i rischi di interferenze”. “Quello non era un cantiere temporaneo o mobile in cui si facevano lavori strutturali di tipo edile o elettrico - ha spiegato il legale- ma il semplice affidamento ad un impresario autonomo della ricerca del malfunzionamento e la riparazione di alcune lampade, un’attività di ordinaria manutenzione non un cantiere”. Anche l’utilizzo della piattaforma da parte del lavoratore, secondo l’avvocato, sarebbe stato scorretto: “C’è stato un errore nella valutazione dello spazio per passare sotto la capriata - ha detto-. Peroncelli sapeva che c’era la capriata perchè si era già mosso: era alle battute finali del suo intervento, probabilmente andava di fretta e, con un atteggiamento sbrigativo, c’è stata la violazione dei più elementari canoni di prudenza”.
Quanto alla posizione del titolare della Trae Srl, il legale ha ribadito l’impossibilità di confondere i piani diversi di lavori che, quel giorno, si stavano svolgendo nell’azienda di Busca: da un lato la realizzazione del capannone e dall’altra la sostituzione della lampadine. “In quel cantiere tutto era stato controllato dallo Spresal e tutto era regolare - ha detto-. Quello di Peroncelli non era un cantiere strutturato, non richiedeva particolari accorgimenti a livello di impiantistica o specifiche raccomandazioni”. “La condotta dell’ elettricista è stata impropria ed abnorme - ha concluso- si è assunto sulla propria persona di lavoratore autonomo un rischio non consentito e quindi non prevedibile dal datore di lavoro”.
A settembre, l’arringa difensiva del proprietario della piattaforma e le repliche.
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