Era inevitabile. La commissione consiliare chiamata a discutere dell’aumento dell’IMU per gli affitti a canone concordato è stata la prima feroce occasione di scontro tra la nuova amministrazione comunale e chi sedeva a Palazzo Tursi prima delle elezioni dello scorso giugno. Per capire il clima, basti pensare che, a fronte di una convocazione alle 11, la discussione è entrata nel vivo solo dopo le 12, non prima di un’ora intera di scontro a suon di accuse da parte delle minoranze di fronte a un pubblico di auditi che ha dovuto attendere a lungo prima di poter dire la propria. Erano stati convocati per questo, hanno dovuto aspettare che la politica finisse il suo copione.
La giunta comunale, lo ricordiamo, ha approvato l’aumento dell’aliquota IMU per gli affitti a canone concordato, portandola dallo 0,78% all’1,06%. La misura riguarda circa 27 mila abitazioni e permetterà al Comune di incassare circa 5 milioni di euro, utili a coprire parte del buco di bilancio che la sindaca Silvia Salis ha annunciato una volta entrata in Comune dopo la vittoria alle urne. Gli affitti a canone concordato, giova ricordare, sono contratti con un canone calmierato, stabilito in base ad accordi territoriali tra associazioni di proprietari e inquilini. Offrono vantaggi fiscali ai proprietari (come la cedolare secca ridotta) e canoni più accessibili per gli inquilini.
Nonostante in commissione il vicesindaco e assessore al Bilancio, Alessandro Terrile, abbia ribadito come il gettito derivante dall’aumento sia necessario per finanziare servizi come asili, scuole e servizi sociali, le associazioni di proprietari e inquilini presenti in Sala Rossa non hanno abbassato le loro barricate, bocciando in toto la manovra dell’amministrazione comunale.
L’Associazione Proprietà Immobiliare ha parlato di “un mondo che si è svegliato mercoledì apprendendo dai giornali che, nel giro di cinque mesi, si sarebbe vista aumentare la pressione fiscale senza nessun tipo di concertazione”. Nel definirsi una “categoria che non specula sul proprio patrimonio, ma fa scelte consapevoli per politiche abitative più sostenibili per le fasce già fragili” l’associazione ha poi puntato il dito conto l’amministrazione che “in campagna elettorale ha fatto del dialogo con le parti sociali il valore aggiunto” definendo “inaccettabile” il metodo con cui la decisione è stata presa e comunicata. “Il nostro giudizio è netto, contrario - hanno concluso i rappresentanti dell’Associazione Proprietà Immobiliare - così si rischia di fare saltare il banco della locazione privata, il rischio è che sempre più piccoli proprietari vadano incontro alla soluzione degli affitti brevi o lascino le case vuote”.
Concetto, quest’ultimo, portato in aula anche da Confabitare: “Questo aumento porterà a una migrazione verso situazioni diverse, i proprietari hanno paura ad affittare il proprio appartamento e, quindi, virano sull’uso turistico. Si andava sugli affitti a lungo termine per gli sgravi fiscali, ma se vengono a mancare…”.
Nell’esprimere la propria contrarietà, Confabitare ha ricordato anche il rischio di un innalzamento dei prezzi degli affitti con possibili conseguenze anche per altre voci di spesa comunali: “Se chi ha difficoltà a pagare l’affitto va ad attingere al fondo per morosità incolpevole, ci troveremo a tirare fuori il triplo dei fondi”.
“Il canone concordato ha concesso l’emersione del nero e ha risolto anche parzialmente il problema del disagio abitativo, andare a colpirlo è veramente grave” hanno concluso i rappresentanti di Confabitare.
Identica linea anche per il sindacato degli inquilini ANIAG, che ha puntato sui numeri: “Nel 2024 i dati dell’Agenzia delle Entrate mostrano 10 mila contratti stipulati come 3+2 o transitori o universitari, a fronte di poche decine di contratti a canone libero, il 4+4. Questo dà l’idea di come la cosa sia importante per il proprietario e per l’inquilino. Oggi siamo carenti di immobili, il mercato è cambiato, abbiamo necessità di appartamenti piccoli per studenti o persone che vivono da sole”.
Chiaro e netto anche il ‘no’ di Confedilizia, che è tornata sul rischio di altre forme di affitto breve: “La legge che ha introdotto il canone concordato è stata voluta nel 1998 per rivedere la normativa della locazione abitativa superando i patti in deroga, è un ‘patto sociale’ del legislatore con la proprietà. Se i tributi locali non vengono concessi, è prevedibile che il proprietario si indirizzi su altre forme di contratto. Questi contratti vengono stipulati dal Comune nelle delegazioni più depresse e degradate e non sono fonte di ricchezza per i proprietari delle case. Così vengono vanificati due anni di contrattazione. Così si fa un favore alle grandi proprietà immobiliari, ripensate questa manovra”.
Evidente anche la contrarietà di Assocasa, che ha parlato del canone concordato come di un “alto senso di civiltà, democrazia e di pensiero” oltre a fare riferimento a “domande incredibili da parte di nuclei familiari che non hanno possibilità a livello di affitto, come si vede anche dalle problematiche che ci sono con Arte Genova”.
Per il sindacato degli inquilini Federcasa, è “una decisione che lascia perplessi e arrabbiati” visto “il lavoro che abbiamo fatto con tutti gli inquilini, le associazioni di inquilini e proprietari negli ultimi due anni”. Federcasa ha poi ricordato come “questo aumento porti i proprietari a prendere delle decisioni ancora più serie e gravi”.
“Abbiamo impiegato un anno e mezzo per fare questo accordo, anche scontrandoci, e in trenta secondi ci avete uniti - ha concluso, con un velo di ironia, Unioncasa - non vi rendete conto che toccare questi equilibri è come un domino, non si sa dove si arriverà nelle conseguenze sociali. Le conseguenze si vedranno tra qualche anno con problemi anche maggiori”.
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