Un primato assoluto per la nostra provincia. Uno dei più ingenti sequestri di sostanze stupefacenti di sempre anche in Piemonte, in anni recenti secondo soltanto alle 4 tonnellate di marijuana e 30 kg di cocaina sui quali la Squadra Mobile di Torino mise le mani nel marzo 2020 con l’operazione "Bottom Barrell7".
Pari a 1.000 chilogrammi tra marijuana già confezionata e piante di Cannabis Sativa, insieme a 800 grammi di cocaina e a 20mila euro in contanti ritenuti frutto dell’attività di spaccio, è quanto la Compagnia Carabinieri di Bra ha sequestrato con la maxi operazione antidroga portata a termine nelle scorse ore dopo indagini avviate nell’ottobre 2024.
Un’attività che ha preso le mosse da alcuni episodi minori di spaccio di cocaina e che, grazie al fiuto dei militari dell’Arma, ha portato gli uomini agli ordini del tenente colonnello Lorenzo Carlo Maria Repetto a smantellare un’imponente organizzazione criminale guidata da soggetti di nazionalità albanese dedita non soltanto alla cessione al minuto di sostanze, mediante un’articolata rete di pusher fatti arrivare da quel Paese, ma impegnata anche nella produzione su vasta scala di marijuana tramite piantagioni realizzate all’interno di stabilimenti industriali.
I primi scoperti dai Carabinieri tra il Braidese e il Saluzzese erano stati da poco dismessi, probabilmente perché chi li gestiva aveva subodorato la possibilità di venire scoperto.
Erano invece attivi gli impianti che la stessa organizzazione aveva messo in piedi tra la provincia di Milano, a San Giuliano Milanese, e il Pavese, a Casorate Primo, presso Vigevano, e a Pieve del Cairo, nei pressi di Voghera.
Al loro interno gli investigatori hanno trovato coltivazioni dalle estensioni importanti, realizzate all’interno di capannoni affittati con tale finalità e dove trovavano riparo serre allestite mediante l’impiego di attrezzature professionali, dal valore di decine di migliaia di euro.
Professionali anche le conoscenze agronomiche che il sodalizio dimostrava di avere e che condivideva generosamente anche con altre realtà criminali.
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Per farli funzionare, l’organizzazione si serviva di una manovalanza che, non di rado, consumava i propri pasti e dormiva all’interno degli stessi edifici. Così era quattro delle sette persone arrestate in fragranza di reato, finite in manette mentre operavano all’interno del capannone adibito a serra scoperto a Casorate Primo.
Undici le persone arrestate su disposizione del sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica astigiana Sara Paterno e ora soggette a carcerazione preventiva in vari penitenziari del Piemonte: 3 soggetti si trovano ad Alessandria, 4 a Cuneo, altri 3 a Torino, un’ultima persona a Brescia perché arrestata a Desenzano del Garda, dove si trovava ospite della sorella, ai domiciliari per un’altra vicenda.
Delle 18 ordinanze emesse dalla Procura astigiana, 7 riguardano componenti della rete di spaccio che avevano intanto fatto rientro in Albania.
Peculiare, per quanto già verificato anche nella nostra provincia e nella stessa Bra, il sistema di reclutamento adottato dall’organizzazione criminale. La tecnica del “djali”, "ragazzo" in lingua albanese (da qui il nome dell’indagine), consentiva infatti il reclutamento di giovani tra i 20 e 25 anni fatti arrivare in Italia con visti turistici validi 90 giorni. Soldati poi impiegati dal sodalizio criminale quali pusher, in cambio di un compenso mensile di 3.000 euro oltre a vitto e alloggio.
"Allo scadere del periodo - spiega il tenente colonnello Lorenzo Carlo Maria Repetto, comandante della Compagnia braidese – l’organizzazione rimpatriava i giovani, che venivano poi sostituiti da altri connazionali, con un avvicendamento continuo che consentiva di avvalersi di persone formalmente regolari sul territorio nazionale".
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Insieme all’ingente quantitativo di "erba", che dopo le operazioni di "campionatura" e il via libera da parte del magistrato è già stata avviata alla distruzione, l’operazione dell’Arma braidese ha consentito di togliere dal mercato otto etti di cocaina, suddivisa in un pane da mezzo chilo e in numerose dosi già pronte per lo spaccio.
"Grande – dice ancora il tenente colonnello Repetto – è l’orgoglio per quanto realizzato da uomini la cui capacità investigativa ha consentito a una piccola Compagnia come la nostra di compiere con successo un’attività che in genere è appannaggio di reparti investigativi ben più strutturati, riuscendo a interdire l’attività di gruppi criminali attivi e presenti sul nostro territorio, ma ben ramificati anche fuori dalla nostra regione. Questa indagine – conclude il tenente colonnello – è partita dalla scoperta di un giro di spaccio locale comunque notevole, che presupponeva una domanda la cui presenza dovrebbe farci riflettere. Per noi rimane la soddisfazione per avere contrastato in modo importante la diffusione del fenomeno sul nostro territorio".
[Il tenente colonnello Lorenzo Carlo Maria Repetto, comandante della Compagnia braidese]
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