Il Nazionale

Politica | 20 giugno 2025, 10:14

“Adesso è guerra e se gli USA interverranno sarà la fine del regime”, da Genova la voce di chi conosce l’Iran e rifiuta l’odio: intervista alla giornalista Parisa Pasandehpoor

Il racconto di una donna che ha conosciuto paura, repressione e il sogno di un futuro diverso, mentre la repubblica islamica si aggrappa al potere con la violenza: “A parenti e amici che sono in patria chiedo poco, chi è contro il conflitto rischia”

“Adesso è guerra e se gli USA interverranno sarà la fine del regime”, da Genova la voce di chi conosce l’Iran e rifiuta l’odio: intervista alla giornalista Parisa Pasandehpoor

Avevamo conosciuto Parisa Pasandehpoor, giornalista iraniana di casa a Genova dal 2012, il 3 ottobre scorso, in occasione della sua candidatura alle elezioni regionali. Per puro caso, proprio in quei giorni era in atto un fitto scambio di missili nei cieli tra Israele e Iran, ma nessuno avrebbe potuto immaginare in una escalation tale da portare al conflitto attualmente in atto tra i due Paesi.
In questi giorni Parisa Pasandehpoor ci aveva detto che “l’Iran non avrebbe dovuto lanciare missili perché ha dato una buona scusa a Netanyahu per altri attacchi” e, soprattutto, che un eventuale guerra tra i due Paesi avrebbe portato alla fine del regime. “Almeno il 70% del popolo iraniano è stufo del regime e cerca di liberarsene - aveva aggiunto in occasione del nostro incontro dell’ottobre scorso - stiamo parlando di un sistema che non funziona, come non funziona l’economia. Non funziona niente perché non sono in grado di gestire e governare un Paese ricco come l’Iran. Il popolo iraniano deve avere una tranquillità economica, abbiamo un’inflazione con prezzi che aumentano ogni giorno. Non si rendono conto che la guerra non è la soluzione giusta, ma pensano che lo sia”.
Oggi, a otto mesi da quell’intervista, la sua testimonianza torna di strettissima attualità nelle settimane che hanno portato all’esplosione del conflitto in Medio Oriente. Non più schermaglie, ma una vera guerra che vede sullo sfondo anche gli Stati Uniti di Donald Trump pronti a intervenire. Ora la posta in palio si è alzata e l’intenzione di cancellare il regime della repubblica islamica è dichiarata.

Partiamo dalla stretta attualità, come stai vivendo questi giorni?
Per tutti gli iraniani che conosco sono giorni difficili. Ho dei parenti in Iran e anche loro, come tanti, hanno lasciato Teheran e sono andati verso Nord perché è più tranquillo. Appena è iniziata la guerra, perché ormai lo è, lo ha dichiarato anche Khomeyni, si è sviluppato un sentimento contrastante. Il primo giorno, quando Israele ha iniziato con il lancio di razzi, sono stati momenti di angoscia e paura, ma quando è uscita la notizia che erano stati uccisi 22 generali e comandanti dei Pasdaran ho provato una sorta di sollievo pensando che finalmente qualcuno stava pagando per tutti i giovani che hanno perso la vita durante le proteste. Perché lì succede così: se protesti, devi pagare. I generali sono contro di noi, perché per loro se hai un’idea diversa da quella del regime sei un traditore del Paese. Ti vedono così. Per me è anche un sollievo, ma stiamo parlando della patria dove sono cresciuta, sono nata lì, lì ho i miei ricordi belli e brutti, lì ho sentito anche paura e angoscia. In questi giorni ho visto una bella immagine: un iraniano che pensa a Teheran e con un occhio piange e con l’altro ride perché pensa ai generali. Spiega bene i sentimenti di questi giorni”.

Cosa ti dicono le persone che conosci e che sono in Iran?
Internet funziona poco, scambiamo solo poche parole. E anche loro non scrivono tanto, perché sono sotto controllo e hanno iniziato ad arrestare le persone che sono contro la guerra, o che contestano quello che il regime sta facendo. Già dal primo giorno hanno avvisato che chiunque si fosse espresso contro la guerra avrebbe pagato. Anche quando parlo con i miei zii o con degli amici cerco di non chiedere troppo, non è facile per loro. Loro vedono come responsabile principale il leader del regime della repubblica islamica (l’ Ayatollah Khomeyni, ndr). Le sue politiche hanno trascinato l’Iran in questa guerra, ha avuto tante volte l’opportunità di evitarla anche con accordi sul nucleare, cambiando atteggiamento riguardo Israele e il mondo occidentale. Ha insistito molto con scelte errate. Questa guerra non è iniziata ieri, è in corso da anni, da quando l’Iran ha iniziato a finanziare Hezbollah e Hamas, ma era una guerra lontana dai confini iraniani. Dopo l’attacco del 7 ottobre, Hezbollah e Hamas si sono indeboliti, hanno perso molti generali e anche le basi dei missili. Quindi anche l’Iran si è indebolito, ha perso tutto il potere che mostrava. Quindi Israele ha visto che tutti si sono indeboliti e ha scelto di attaccare”.

Da iraniana che vive in occidente, che rapporto hai con Israele e con gli israeliani?
Ho una cara amica israeliana che vive a Berlino. Con le persone comuni, con il popolo israeliano, non abbiamo problemi. Va rispettato. Ho tanta voglia di pace, come la ha tutto il mondo. Posso garantire che il 60% della popolazione iraniana non ha problemi con il mondo occidentale. Vogliono avere un buon rapporto con tutto il mondo. Non so come mai questo non sia comprensibile per il regime iraniano, non capiamo tutta questa ostilità verso Israele e il mondo occidentale. Non troviamo una ragione, non vogliamo essere nemici e non vogliamo che ci considerino nemici. Da iraniana, voglio vivere in pace con tutto il mondo”.

Nella nostra precedente intervista avevi detto che, secondo te, il 70% della popolazione iraniana sarebbe stufo del regime. Pensi che sia ancora così o credi che il conflitto possa aumentare il consenso del regime?
Non penso che aumenterà, non può. Non so se questa guerra aumenterà il numero di oppositori, ma sicuramente non cambierà quel 70% che, nel frattempo, potrebbe essere anche aumentato. Non lo vogliamo, vogliamo liberarci anche se loro hanno una base che li appoggia”.

Secondo te, in base anche alla tua esperienza e alle testimonianze che ti arrivano dall’Iran, a che punto del conflitto siamo?
Non siamo ancora all’apice perché anche gli Stati Uniti non sono intervenuti direttamente. È ancora un conflitto tra Israele e Iran. Ancora non vediamo aerei americani nel cielo dell’Iran. Se dovesse andare ancora avanti penso che ci sarà l’ingresso degli USA e diventerà una guerra ancora più pesante. Non penso che gli iraniani siano così forti e preparati come dicono, hanno missili ma in quantità limitata e i loro strumenti sono vecchi. Non abbiamo sentito di aerei iraniani abbattuti, perché non si alzano nemmeno in volo. E in tutto questo mi dispiace per quello che i popoli di Israele e Iran devono pagare”.

Pensi che l’eventuale intervento degli USA possa rappresentare un passo verso la liberazione dal regime?
Se gli Stati Uniti interverranno sarà la fine del regime. Sarà una vera guerra. Il regime non si arrenderà, lancerà fino all’ultimo missile, ma non penso che l’Iran abbia la possibilità di vincere la guerra. Se il conflitto andrà avanti e gli USA interverranno sarà la fine del regime. L’Iran sta pagando un prezzo alto, hanno distrutto le basi militari, le riserve di petrolio. Stanno attaccando le infrastrutture. Spero che il regime si arrenda, si dimetta e liberi il Paese. Ma è un sogno, non penso che avverrà mai”.

Pietro Zampedroni

Commenti

In Breve