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Sport | 14 giugno 2025, 13:00

Storie di Orgoglio Astigiano. Matilde Vitillo: "Il ciclismo è la mia vita. Dopo Europei e Mondiali, ora nel libro dei sogni ci sono le Olimpiadi"

24 anni, di Frinco, milita in una squadra di ciclismo australiana. "Corro per tutta Europa, ma Asti resta la mia base"

Storie di Orgoglio Astigiano. Matilde Vitillo: "Il ciclismo è la mia vita. Dopo Europei e Mondiali, ora nel libro dei sogni ci sono le Olimpiadi"

Per accompagnarti nella lettura di questa intervista ti consiglio la canzone Bottiglie vuote, dei Pinguini Tattici Nucleari con Max Pezzali, contenuta nella playlist "Orgoglio Astigiano" su Spotify

24 anni, un sorriso che te la fa riconoscere da lontano. Matilde Vitillo è proprio una di quelle persone che piacciono a me: solare, energica, riflessiva ed emotiva. 

Ci incontriamo in un caldo pomeriggio estivo, davanti a un caffè. Mi racconta che, partendo da Frinco, ha fatto tanti giri. In sella alla sua bici. 

Matilde, sei nata ad Asti? Che rapporto hai con il territorio?

Sono nata a Torino, ma ho sempre vissuto nell'Astigiano e qui ho frequentato anche tutte le scuole. La mia vita, al di fuori dello sport, è ad Asti. Diciamo che mi sono creata una vita tutta mia nello sport, ma la mia base resta Asti. 

Ti piace Asti?

È una città valorizzata e noto che da noi c'è proprio un approccio diverso. Sarà che viaggio tanto anche all’estero e riesco a fare caso alle differenze. È tutto più familiare e caloroso, ma questo credo sia più a livello d’Italia in generale. Ho tante compagne straniere che si illuminano quando parlo dell’Italia. E mi illumino anche io. 

Come arriva la bicicletta nella tua vita? Famiglia, amici, per caso?

Faccio una premessa: ho due fratelli e una sorella più giovane, ma quando eravamo piccoli facevamo tutto insieme. Abbiamo provato tantissimi sport. Per dirti, ho iniziato danza classica e lo hanno fatto anche loro (ride, ndr). Già mio nonno andava in bici e anche mio papà, ma non abbiamo sentito il peso di dover provare per forza. I miei genitori mi hanno fatto provare tutti gli sport, senza obbligarmi. Ad ogni modo, mio fratello minore aveva un compagno di classe che andava in bici e così lo abbiamo seguito anche noi. All’epoca stavo facendo danza classica, per cui ci ho messo quasi un anno a fare lo switch. Da quella sella non sono più scesa. Avevo nove anni. Diciamo quindi che è una passione familiare quella per la bici, partita dai nonni, ma arrivata per conto suo. E non c'è cosa più bella. 

È stato difficile assecondare questa passione? 

Sì, sicuramente è stato complesso conciliarla con la scuola. Ho frequentato il Liceo Classico e mantenere vivo e costante l'impegno in sella non è stato per nulla banale. Ho vissuto momenti bui, sì, ma non così neri da pensare di mollare questo sport. Talvolta ho pensato fosse troppo, ma non ho mai voluto lasciarlo. 

L'emozione più grande in bici?

Quando nel 2019 ho vinto una gara su pista nell'ambito di un Europeo. Era la prima importante vittoria realizzata a livello individuale. Avevo già vinto una gara dell'Europeo, ma in squadra. Vincere anche da sola ha triplicato l'emozione: in quel momento sei consapevole di aver fatto l'impresa con te stessa. E poi quando ho vinto una tappa in una gara World Tour nel 2022. Era stato completamente inaspettato, perché volevo solo partecipare. Ero andata in fuga con altre ragazze, eravamo arrivate tutte insieme facendo il classico sprint finale. Avevo colto il momento, vincendo. 

Ti sei sentita appoggiata dalla tua famiglia in questa scelta di vita?

Sì, il ciclismo è la mia vita e i miei genitori hanno sempre voluto che praticassimo sport, perché lo sport ti apre anche a livello mentale. Forse nemmeno loro si aspettavano questa carriera: non per forza vedevano noi figli alle Olimpiadi, ecco (ride, ndr). Ovunque vada c'è la mia famiglia. I miei erano con me agli Europei e ai Mondiali: per loro è anche un pretesto per vedere posti nuovi. Ho sempre avuto il loro pieno supporto e, anzi, mi hanno anche spronata nei momenti più critici. 

E se il ciclismo non fosse stata la tua strada? 

Mi è sempre piaciuta l'arte. Dalle scuole medie sono appassionata di disegno tecnico, quindi forse senza ciclismo avrei fatto architettura, ma con lo sport sarebbe stato complesso coniugare tutto. Bisogna viaggiare tanto e dare gli esami è difficile se sei in giro per il mondo a questi livelli. 

Hai provato a intraprendere studi universitari?

Sì, avevo provato Chimica a Torino, perché le discipline tecniche mi sono sempre piaciute, ma con i ritiri e le varie gare mi è stato impossibile. Era un pensiero in più da gestire. Ho poi mollato a malincuore.

In che squadra sei adesso?

Faccio parte di una squadra professionista australiana, il Liv Aiula Jayco, e corriamo per tutta Europa. Sono con loro dallo scorso anno. Nel 2024 ho corso con la nazionale a Hong Kong su pista per la Coppa del mondo. Prima di questa avventura, invece, ero in una squadra italiana che si chiama BePink, in cui avevo un calendario vasto nonostante fosse minore rispetto a quella in cui sono adesso. 

Quanto è sfidante stare in un team australiano? Lingua, spostamenti, distanze...

Non è immediato! Devi sapere bene l'inglese, anche perché non ho compagne italiane. E poi la gestione australiana è proprio una realtà diversa. Spesso la comunicazione può diventare difficile. È un modo di crescere anche questo, sia sportivo che personale. Per quanto riguarda le distanze, c’è una base in Australia ma questa società ha anche sedi a Varese e in Olanda, per cui almeno rimaniamo in Europa. La mia squadra è World Tour ai massimi livelli, io ad oggi sono nel gradino sotto, la development. 

Un aneddoto che non ti scorderai mai? 

Quando sono andata a correre agli Europei su pista a 17 anni. Nel 2019 mi hanno detto "Matilde, andiamo a fare un ritiro in Svizzera, ma non ti vediamo come atleta di punta per gli Europei, quindi decidi tu se venire o meno". Quell'anno avevo un miliardo di verifiche al Classico e in quel momento mi stavano dicendo che non sarei stata selezionata. Il mio direttore sportivo aveva parlato con mia mamma. Mamma era dell'idea di mandarmi lo stesso al ritiro. Ebbene, sono andata e dopo la preparazione mi hanno detto che mi avrebbero portata agli Europei! Pazzesco, fosse stato per me non sarei andata! E la mia carriera si può che dire che sia cominciata in quel momento. 

Un consiglio ai giovani come te?

Uscire dagli schemi e provare di tutto. Andare oltre la zona di comfort, che ti fa sembrare tutto facile.

Cosa scrivi nel libro dei sogni?

Partecipare alle prossime Olimpiadi in pista. Questo è il mio sogno più grande. Come obiettivo, invece, passare nella sezione principale della mia squadra. L’Olimpiade la vedo così tanto lontana come preparazione: per questo è un sogno. L'obiettivo, invece, è qualcosa che vedo più vicino, più fattibile. 

La giornata tipo di Matilde?

Diciamo che il ciclismo è un vero e proprio stile di vita. C’è tanto rigore e ci sono tante cose da fare. Sveglia alle 8, colazione e uscita in bici (tre/quattro ore al giorno di allenamento in media). Torno, pranzo e mi rilasso, poi si cena e si ricomincia da capo. È uno stile di vita che non mi pesa, ma che comunque richiede sacrifici. Se si vuole si riesce a trovare tempo per tutto. Adoro viaggiare tanto, conoscere culture e persone nuove. Il ciclismo è molto interessante anche per questo. 

Rituale portafortuna pre gara che non dimentichi mai di fare?

Indosso sempre la stessa collana per scaramanzia. È un regalo della mia prozia e da quando ce l’ho non l’ho mai tolta!

C'è qualcosa che non ti ho chiesto (di sicuro) ma che per te è molto importante?

Riflettevo su quanto sia stressante, oggi, vedere bambini che si sentono in dovere di performare per forza. Te lo racconto perché anche mia sorella più piccola adesso corre in bici. Ha dieci anni in meno di me. Alla sua età correvo spensierata, pensavo a divertirmi e basta. Ora noto che è più sentita e stressante questa cosa: è già un lavoro da bambini e non mi piace per niente. Sto cercando di toglierle dalla testa quest'ansia. Cerca di tenere ritmi da professionisti come noi, ma si vede che l’approccio alla gara è molto diverso rispetto a una volta. Per i bambini non è più un divertimento, ma è un essere prestante. È complicato. Ovvio che fai il meglio che puoi, ma a mio parere servirebbe un approccio diverso. E questo, purtroppo, si vede in tutti gli sport di oggi. 

Nata pronta? Nata umana. Orgogliosamente

Annuisco. Sono pienamente d'accordo con Matilde. E le dico che secondo me è proprio un problema a livello di società: non è solo lo sport a essere coinvolto in questa macchina infernale. Questo gioco perverso che ci vorrebbe sempre in piedi, svegli, attivi, performanti. Nati pronti, insomma. E ci inculcano questa massima tossica fin da quando siamo in fasce. Per non essere considerati dei falliti, dobbiamo portare risultati e soldi a casa. Dobbiamo lavorare 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Dobbiamo produrre. Bisognerebbe provare davvero a dire basta. Prendendoci i giusti spazi che ognuno di noi merita. I giusti tempi, diversi per ognuno. 

Nata pronta? Preferisco dire Nata umana. Orgogliosamente. 

Il giro di Matilde 

2010: inizio carriera ciclistica 

2015: entrata a far parte di un team femminile e prima gara vinta (esordiente)

2017: bronzo in tre Campionati italiani (strada, cronometro e pista) (allieva)

2018: partecipazione a Europei e Mondiali su strada (juniores)

2019: partecipazione a Europei e Mondiali su pista e su strada e vittoria su pista nell’inseguimento a squadre e corsa a punti agli Europei e vittoria nell’inseguimento a squadre ai Mondiali

2021: entrata a far parte della BePink (u23)

2022: prima vittoria in una gara WorldTour e partecipazione ai Campionati europei su strada e pista e vittoria su pista nell’inseguimento a squadre e nella Madison (u23)

Elisabetta Testa

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