Il Nazionale

Cronaca | 05 giugno 2025, 05:57

Insulti e botte alla compagna: in appello confermata la condanna a un 60enne residente nell’Albese

Tre anni e dieci mesi la pena inflitta all’uomo dal collegio presieduto dal giudice Marco Dovesi

Insulti e botte alla compagna: in appello confermata la condanna a un 60enne residente nell’Albese

A poco più di un anno dal verdetto di primo grado, la Corte d’Appello di Torino ha confermato la condanna a tre anni e dieci mesi di reclusione che il 9 aprile 2024 il Tribunale Penale di Asti aveva inflitto a carico di un 60enne residente in un centro delle Langhe, rinviato a giudizio per lesioni e maltrattamenti in famiglia, aggravati dall’aver commesso il fatto nei confronti della compagna convivente e in presenza di figli minori.  

La sentenza è quella pronunciata giovedì 29 maggio dal dottor Marco Dovesi, giudice già in servizio presso il Tribunale di Alba, ora presidente del collegio di Corte d’Appello composto anche dai consiglieri Maria Cristina Pagano e Ludovico Morelli.

La corte non ha ritenuto di adottare una diversa valutazione rispetto a quella che già aveva visto il Tribunale di Asti accogliere le tesi sostenute dal pubblico ministero Davide Greco sulla base di una prima denuncia presentata dalla compagna dell’uomo, vittima di quelle vessazioni.

I due erano legati da una convivenza iniziata nel 2000 e seguita una quindicina di anni dalla nascita di due figli, che in anni più recenti sarebbero divenuti involontari testimoni di parte delle violenze messe in atto dal padre nei confronti della madre, con maltrattamenti e umiliazioni compiute anche di fronte a parenti e amici della coppia.

Un regime di vita "doloroso e vessatorio", lo aveva descritto il pubblico ministero, con l’uomo giunto a denigrarla sistematicamente anche in pubblico dicendo che era "una pazza", che "soffriva di bipolarismo", che era "un’alcolizzata" cui augurava di "vaporizzarsi" e di "togliersi fuori dai coglioni", dicendole che se fosse morta si sarebbe "tolto un peso".  

A quelle angherie verbali in diverse occasioni erano seguite anche violenze fisiche che avevano costretto la compagna, di alcuni anni più giovane, a rivolgersi alle cure dei sanitari.  

E’ stato proprio in una di queste occasioni, complice il lockdown della primavera 2020, che la vittima di tali soprusi, sino ad allora reticente rispetto alla possibilità di denunciare il suo aguzzino, si era convinta ad ascoltare il consiglio dei Carabinieri abbandonando la comune abitazione prima che la situazione potesse ulteriormente degenerare.  A quel passo era seguito l’iter di separazione civile e un provvedimento di affido esclusivo rafforzato dei due figlioletti, arrivato dopo che in giudizio si erano evidenziati i traumi subiti dai due minori in quanto vittime di quella che gli psicologi riconoscono con l’espressione di "violenza assistita".  

Assistita dall’avvocato albese Paola Coppa, nel febbraio 2021 la donna si era quindi decisa a presentare la denuncia penale alla base delle indagini sulle quali sulle quali si era fondato il rinvio a giudizio e quindi il processo di primo grado di fronte al collegio presieduto dalla dottoressa Elisabetta Chinaglia.  

Alla medesima conclusione, la colpevolezza dell’imputato e la condanna dello stesso a una pena di tre anni e dieci mesi, sono ora giunti in appello.

"Accolgo con soddisfazione la conferma della condanna in appello – dichiara l’avvocato Paola Coppa, legale della donna e dei suoi figli minori –. È un passaggio importante non solo per la mia assistita, che ha avuto il coraggio di denunciare dopo anni di soprusi, ma anche per i due minori coinvolti, che finalmente vedono riconosciuta la verità del loro vissuto. La sentenza rafforza l’idea che la giustizia può e deve offrire protezione effettiva a chi subisce violenza domestica, soprattutto quando sono coinvolti anche i bambini, troppo spesso testimoni silenziosi ma profondamente segnati".

Ezio Massucco

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