Un silenzio carico di emozione e commozione, nonostante l'assenza del presidente Urbano Cairo, ha accompagnato la lettura dei nomi, di fronte alla lapide, da parte del capitano Duván Zapata, che solo pochi giorni fa era salito per le 'prove generali', per arrivare preparato e non farsi tradire dall'emozione.
Le contestazioni
Non sono mancate, però, le contestazioni, "Urbano Cairo devi vendere, vendere", cantavano alcuni tifosi. Al termine della lettura dei nomi, il corteo granata ha infatti accolto i giocatori con cori di disprezzo, principalmente diretti al presidente del Torino Urbano Cairo e al dirigente Davide Vagnati. Altri cori invece hanno elogiato e ringraziato l'allenatore Vanoli, con il motivo: "Paolo Vanoli alè, Paolo Vanoli alè".
La lettura dei nomi
Ma la lettura è avvenuta senza alcuna interruzione, con il capitano affiancato dal resto della squadra e dall'allenatore Paolo Vanoli. Dopo l'ex granata Glick, Zapata è il secondo straniero a eseguire la lettura solenne dei nomi dei calciatori: giornalisti e tecnici che persero la vita nella tragedia di Superga.
Bacigalupo, Ballarin Maroso; Grezar, Rigamonti, Castigliano; Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. La formazione del Grande Torino era una sorta di filastrocca che tutti i bambini del dopoguerra conoscevano a memoria. A 76 anni dalla sciagura aerea di Superga il fascino, la magia e l'alone di mito che circondano gli Invincibili non hanno perso smalto.
Il Grande Torino ha dimostrato che vive ancora, grazie al ricordo tramandato dai genitori ai figli, da una generazione all'altra, malgrado il presente (fortemente contestato dai tifosi, come si è visto anche a Superga) non sappia alimentare la passione grazie alla forza delle vittorie e dei trionfi sportivi
Da tempo il Toro vive infatti a metà classifica, senza infamia e senza lode, lasciando ormai lontani gli anni d'oro di Pulici e Graziani, di Zaccarelli e Claudio Sala, del Toro scudettato di Radice, ma anche solo quello di inizio anni Novanta, che con Mondonico alla guida seppe sfiorare la Uefa e vincere la Coppa Italia facendo sognare una città intera.
Chi è granata oggi, tra i giovanissimi, forse in qualche caso lo deve ai gol del 'Gallo' Belotti, alla grinta di Rolando Bianchi o all'emozione che si prova nella storica curva Maratona, ma soprattutto lo deve al ricordo delle imprese di quei campioni che seppero far innamorare tutta l'Italia nel dopoguerra. "Il Torino non è morto, ma è soltanto in trasferta", scrisse Indro Montanelli, all'indomani del funerale che richiamò per le strade della città decine di migliaia di persone.
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