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Sport | 01 maggio 2025, 14:30

Giacomo Brusa, orgoglio "Casbenàtt" e amore per la terra: «Chi vive di agricoltura oggi lo fa con coraggio. Noi gli amici del territorio»

Il papà dell'Agricola e presidente di Confagricoltura Varese si racconta a VareseNoi, dal verde in città alle sponsorizzazioni sportive fino al significato di un mestiere antico che deve guardare al futuro: «Occorre investire di più nel verde pubblico, ormai non possiamo più chiamarci Città Giardino. E' sbagliata la visione bucolica del contadino immerso nella natura, oggi siamo imprenditori. Il futuro? La qualità più della quantità»

Giacomo Brusa, orgoglio "Casbenàtt" e amore per la terra: «Chi vive di agricoltura oggi lo fa con coraggio. Noi gli amici del territorio»

Dire Casbeno è dire agricoltura, cascine vista lago, cicorino e “figh ciuchitt”, uova di giornata e primizie dell’orto, che un tempo i “donnett” portavano a Varese al mercato di piazza della Repubblica in ceste di vimini. Casbeno è la salita dei Ronchi, nel circuito dei mondiali del 2008 e, dal 6 aprile 2006, anche “Agricola Home & Garden”, azienda leader nel mercato florovivaistico non soltanto locale, una piccola città del verde e dei fiori creata dalla caparbietà e dalla passione di Giacomo Brusa, “casbenàtt”.

Brusa, perito agrario specializzato in floricoltura, due figli, Gabriele 23 anni e Giulia 22, che lo aiutano in azienda, è presidente di Confagricoltura Varese che proprio domenica a Ville Ponti celebra la sua 78ª assemblea generale (leggi QUI) e, oltre all’impianto di Casbeno, possiede anche la Floricoltura “La Stella” a Lissago, duemila metri quadrati di serre per le piante da fiore, un piccolo impero verde nato dalla tradizione di famiglia, che ha visto suo padre Enrico fondare una ditta di concimi, vasi e sementi in via Fior d’Alpe, dove il giovane Giacomo ha avuto il suo imprinting.  Lo incontriamo nella silenziosa sala riunioni di “Agricola”.

La prima domanda è d’obbligo: cosa vuol dire essere “casbenàtt”?
«Innanzitutto significa senso di appartenenza. Da generazioni siamo legati a questo rione, mia nonna materna è nata in via Daverio, mio nonno Luigi e il bisnonno Angiolino hanno gestito per 60 anni il Circolo di Casbeno. Io, dopo una parentesi al Velmaio, sono ritornato a vivere qui e sponsorizzo il Casbeno Calcio che lotta per la seconda categoria. Ho una maglietta verde portafortuna con scritto “casbenàtt” che mi metto ogni volta per fare il tifo. Qui mi sento ancor più legato alla terra e incontro persone che si chiamano ancora con i soprannomi come una volta».

“Varese sboccia con Agricola” è uno degli slogan che tappezzano i muri della nostra città in questi giorni: cosa serve davvero per farla sbocciare?
«Il coraggio di fare scelte a volte impopolari ma che vadano bene per la città. Spesso però l’orologio dei politici funziona in maniera diversa da quello degli imprenditori. La cosa fondamentale per Varese sarebbe quella di lavorare insieme e fare sistema. Un esempio: a Ville Ponti e a Villa Mirabello ci sono diverse serre dismesse, sarebbe una buona idea coinvolgere scuole come la “Newton” o il Cfp per aprirle e coltivarle. Poi occorre investire di più nel verde pubblico, ormai non possiamo più chiamarci Città Giardino. Oggi che il turismo in città appare in crescita, è necessario migliorare la qualità del verde e di conseguenza l’accoglienza».

Giacomo, lei è un grande appassionato di hockey e basket, sponsor delle due squadre varesine ed ex giocatore di pallacanestro: cosa è per lei la passione sportiva?
«Innanzitutto un modo per staccare dal lavoro, un divertimento e una grande passione. Quella per l’hockey mi è nata per caso a 14 anni, quando un amico maggiorenne mi portò a vedere una partita al palaghiaccio, mentre a basket ho incominciato da giocatore nelle giovanili della “Ciaocrem”. Sponsorizzare lo sport varesino significa per me restituire qualcosa al territorio, con lo sport puoi fare del bene, metti in luce la tua attività, fai appassionare i bambini». 

I punti cardine di “Agricola” sono professionalità, dedizione, qualità e ascolto. Rimangono sempre validi?
«In più aggiungerei la felicità. Se sei felice lavori bene e ascolti gli altri, noi desideriamo che i nostri clienti siano felici e vorremmo abolire il “no” e il “non ce l’ho”. In “Agricola” abbiamo uno psicologo che lavora sulla condivisione dei valori aziendali, tutti noi ci ascoltiamo molto, cerchiamo di capire le esigenze e i sogni di tutti».

La sua azienda si caratterizza per essere molto social.
«Siamo stati per anni il Garden più social d’Italia, siamo su Facebook, Instagram, Tik Tok, credo moltissimo nella comunicazione e i nostri contenuti nelle piattaforme sono formativi. Oltre a fare business occorre infatti educare. Facciamo corsi di barbecue e abbiamo una Green Academy, e con la World Barbecue Association dal 2017 accogliamo una tappa del campionato italiano di barbecue, arrivano 21 team da tutta Italia in una festa che dura tre giorni. Tutto il denaro raccolto va in beneficenza».

I giovani e il giardinaggio: c’è ancora la voglia di sporcarsi le mani con la terra?
«C’è un ritorno di interesse, soprattutto verso le piante d’appartamento. I giovani chiedono specie particolari e si mostrano preparati. L’orto è un altro tema che piace molto, oggi puoi coltivare i pomodori anche sul balcone di casa».

Da presidente di Confagricoltura Varese, che giudizio dà sulla situazione agricola in provincia?
«Nel Varesotto in quattromila vivono di agricoltura e chi coltiva lo fa con coraggio. Il ministro Giancarlo Giorgetti ha detto che gli agricoltori varesini sono degli eroi, e comunque la produzione non conta sulla quantità ma sulla qualità. Siamo autosufficienti in provincia per il miele, abbiamo la formaggella di capra Dop, gli asparagi di Cantello, un settore vitivinicolo in crescita e quello florovivaistico all’avanguardia. Ci sono anche aspetti negativi, come il consumo di suolo che in vent’anni ha ridotto quello coltivabile del 43 per cento. Poi il passaggio generazionale nelle aziende, con i figli che spesso non proseguono l’attività di famiglia. Per iniziare poi, il contributo regionale non basta e le banche non aiutano più di tanto. Occorre avere una visione imprenditoriale non legata a un risultato immediato. Ci vorrebbero l’unione dei vari settori e nuovi canali di sbocco per commercializzare i prodotti. Chi fa agricoltura è amico del territorio e sa come lavorare la terra, è sbagliata la visione bucolica del contadino immerso nella natura, pesa molto e spesso porta al non riconoscimento della figura dell’imprenditore agricolo. In più parti il problema viene anche dalla diffusione incontrollata di certa fauna selvatica, come il cinghiale, soprattutto nel Luinese. Se nessuno alla fine paga i danni, l’agricoltore si stufa e il bosco avanza, mangiandosi il terreno. Un’altra cosa che mi sta a cuore, compresa anche in Regione Lombardia, è la filiera bosco-legno. Oggi il nostro cippato finisce direttamente in Valtellina e in Alto Adige, mentre da noi abbiamo soltanto due caldaie a biomassa, una a Marchirolo, di una cooperativa di aziende forestali, e l’altra alla Mascioni di Cuvio».

Quanto influisce sulla nostra agricoltura il cambiamento climatico?
«Dal punto di vista idrico non più di tanto, è cambiata l’intensità delle piogge più che la quantità. Dove si coltiva non ci sono grossi danni, dove no invece capitano smottamenti. Il vero problema è la siccità, perché la nostra non è un’agricoltura irrigua, non ci sono canali e in futuro occorrerà pensarci seriamente».

Mario Chiodetti

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