Kevin Laganà, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Sorvillo, Michael Zanera e Giuseppe Aversa. Cinque vite spazzate vie sui binari del cantiere edile, mentre stavano svolgendo il proprio lavoro.
Una ferita ancora aperta, un anno dopo
A un anno di distanza la ferita della strage di Brandizzo è ancora più che aperta. Si cerca di ricostruire, ancora oggi, quello che è successo, ma nei famigliari resta il dolore profondo. Oltre che una grandissima delusione.
"Sono deluso, i colpevoli sono tornati a lavorare, non hanno avuto alcuna punizione, nemmeno virtuale. Spero venga fatta giustizia nel vero senso della parola”. A pronunciare queste parole il primo dei cinque fratelli Aversa, Edoardo, che esprime tutta la sua rabbia rispondendo alle domande dei giornalisti, durante la conferenza che apre la Settimana del Lavoro Sicuro, proprio in occasione del primo anniversario di quella tragedia.
I sindacati: "Fu una autentica carneficina"
Si cerca di veicolare questo dramma verso iniziative che pongano l’attenzione sul problema, reale, delle vittime sul posto di lavoro. Una “carneficina”, come la definiscono i sindacati degli edili di Cgil, Cisl e Uil riuniti oggi. Con una media di una morte ogni due giorni, uno ogni tre se si considera solo il comparto edile.
Dalla Thyssen a via Genova a Brandizzo
Torino accumula tragedie. Dalla Tyssen, ai morti sulla gru di via Genova e infine Brandizzo. Tutte morti che diventano simboliche quando si torna a parlare di sicurezza sul lavoro. Mentre la cronaca è superata e lascia spazio alla sensibilizzazione, rimane l’indescrivibile dolore di famigliari e conoscenti che ogni giorno devono convivere con un dolore non giustificabile. Un dolore a cui, a distanza di un anno, non si riesce a dare un volto.
"Dopo un anno nessuno ci ha contattato - racconta Edoardo Aversa - nemmeno ci sono stati forniti gli effetti personali. Noi non abbiamo più rivisto mio fratello, non ce l'hanno nemmeno fatto più vedere perché non c'era più niente. Da Sigifer ci hanno mandato dei fiori, l'unica cosa che hanno fatto. Noi non li abbiamo accettati.”
"Ogni treno che passa è un dolore straziante"
"Io mi chiedo come sia stato possibile spostare quel treno con i pezzi dei ragazzi ancora attaccati. Le onoranze funebri sono dovuti andare a recuperarli ad Alessandria. Chi ha dato l'ordine non ha pensato minimamente a questi ragazzi. Vivo in una casa, a Chivasso, che passa sopra la ferrovia. Quella notte ho sentito il treno che ha ammazzato mio fratello, correre a grande velocità. Certo non potevo aspettarmi che avrebbe travolto poco dopo Giuseppe. Io in quella casa non riesco più a stare. Ogni treno che passa per me è un dolore straziante.”
Ancora nessun risarcimento, dopo un anno, ma, sostengono le famiglie, che non è quello a cui sono interessate. "Ci interessa che i colpevoli paghino e ci dicano come sono andate le cose - ha detto il maggiore dei fratelli Aversa, presenti oggi alla conferenza presso la sede della Città Metropolitana di Torino con il fratello Oto insieme alla moglie e il più piccolo dei fratelli Gionatan.
"Dicono che indagano ma hanno nascosto tutto"
"Hanno nascosto tutto - sostiene il fratello Edoardo - ci dicono che stanno indagando ma non abbiamo più saputo nulla. Il processo deve fare giustizia. Conoscendo mio fratello non si sarebbe preso il minimo di rischio, perché non gli piaceva rischiare. Posso garantire che hanno operato a loro insaputa. Probabilmente hanno sempre giocato sulla pelle degli altri, ma quella volta a rimetterci sono stati i nostri famigliari."
"Di mio fratello ho uno splendido ricordo - lo ricorda così il famigliare - Fino a qualche anno prima lavorava con me come camionista, quindi facendo un lavoro, sulla carta, molto più rischioso di quello che è andato a fare. Non gli piaceva rischiare, è sempre stato molto premuroso, per questo sono convinto che hanno nascosto tutto. Hanno giocato sporco, ma non voglio aggiungere altro. Quest’ultimo anno è stato tragico.
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