Buttare via una partita dal 50% da 3 con 18 palle perse e con errori difensivi certosini, messi lì con puntualità elvetica ogni volta che la speranza di rimontare si faceva troppo concreta? Fatto
Un replay infinito di cose già viste e riviste in cui Varese e i suoi tifosi sono ormai imprigionati, immagini che si ripetono senza tempo, senza scia, senza sorprese: ogni volta che la Openjobmetis arriva a uno/due canestri dalla parità, subisce un uno contro uno avversario convolato al ferro, in un’evenienza ineluttabile, come se fosse una sentenza di ultimo grado.
E allora -33 o -7 cambia nulla. Cambia nulla durare 40 minuti oppure solo 20. Cambia nulla avere delle giustificazioni, come oggi, o non averle.
Perché sono passate 24 giornate, è stata rivoluzionata mezza squadra, è arrivato un futuro campione, un centro teoricamente come si deve (che ormai tuttavia scompare sempre di più nella sua solitudine) ed è stato preso pure un altro correttivo, seppur assai tardivo… eppure Varese in fondo è rimasta sempre uguale...
Tenera, sbarazzina, eterea, allergica alla durezza, innamorata della sua diversità. E così è il suo allenatore, nonostante sia il conducente di una plancia sulla quale tanti bottoni hanno recato il monito “vietato toccare”: da lui non uno “scatto in avanti”, non un’uscita dalle righe, non un qualcosa di diverso dal copione, non un’alzata di scudi che gridi al mondo e ai suoi giocatori in primis “io non voglio retrocedere”.
Chi è in grado di far presente - oggi - a coloro che vanno in campo il peso e l’importanza di quello che si sta facendo, di una classifica sempre più deficitaria, del rischio che porta con sé il ripetersi degli errori? Ce lo chiediamo preoccupati e forse rassegnati al fatto che questa squadra non guarirà più.
Ma la panchina rimane solo una degli artefici di tale caduta verso gli inferi, per noi nemmeno il primo: c’è un sistema, c’è una filosofia, c’è un modo di vedere le cose sul campo che a conti fatti non si sono dimostrati adeguati.
“Qui Varese, G-League, quand’è la prossima?”: lo scrivemmo un girone fa, a denunciare il pericolo di una mollezza cultural-cestistica troppo aliena ai nostri costumi, alle esigenze di questo campionato, a ciò che serve per sopravvivere in queste lande quando non tutto fila liscio come l’anno scorso, penalizzazione a parte.
Siamo stati delle Cassandre.
Va ammesso: oggi come oggi non siamo sicuri che Varese si salvi da sola... Speriamo che l’aiuti Pesaro…
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