Il Nazionale

Cronaca | 06 marzo 2024, 18:43

Assolto il dirigente dell’Asl denunciato da un'infermiera sospesa perché non si era vaccinata contro il Covid 19

La donna, che lavora in ospedale a Mondovì, contestava al responsabile del Servizio di Igiene della Cn1 Domenico Montù di non aver risposto alle sue richieste di chiarimenti sul presidio. Dopo la sospensione dal servizio arrivò la denuncia e l’imputazione coatta del dirigente, seguita a una prima richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura

Assolto il dirigente dell’Asl denunciato da un'infermiera sospesa perché non si era  vaccinata contro il Covid 19

Domenico Montù, direttore del Servizio di Igiene e Sanità Pubblica dell’Asl Cn1, è stato assolto con formula piena dall’accusa di omissione di atti d’ufficio mossegli da un’infermiera in servizio presso l’ospedale di Mondovì.

La donna contestava al dirigente di non aver mai dato risposta alle sue richieste di chiarimenti circa il vaccino anti Sars-Cov-2, richieste dal suo punto di vista utili a prestare un consenso informato. Le mail redatte dal suo legale erano state inoltrate a Montù nell’agosto 2021. Qualche giorno dopo l’infermiera venne sospesa dal servizio poiché non aveva rispettato l’obbligo vaccinale previsto per i sanitari.

La denuncia presentata dall’infermiera monregalese approdò così in Tribunale a Cuneo. Nella fase preliminare la Procura della Repubblica chiese l’archiviazione del procedimento. Richiesta, quella avanzata dal sostituto procuratore Alberto Braghin, che venne però respinta dal giudice per l’udienza preliminare Cristiana Gaveglio, che ordinò l’imputazione coatta.

Montù venne dunque rinviato a giudizio di fronte al collegio del Tribunale di Cuneo, presieduto dal giudice Sandro Cavallo. Come testimoniato dal dottor Giuseppe Guerra, direttore generale dell’Asl Cn1 e all’epoca commissario per l’emergenza Covid, le richieste di esenzioni vaccinali venivano vagliate da un’apposita commissione medica di cui però Montù non faceva parte: “Lui partecipava alla cabina di regia”, ha riferito.

In qualità di componente è stato ascoltato il dottor Pier Federico Torchio, che ha spiegato che, dei documenti inviati alla commissione dagli operatori sanitari che ritenevano di non avere i requisiti per sottoporsi alla vaccinazione, il 95% non giustificava un esonero vaccinale. 

“All’epoca era stato chiarito – ha concluso - che fornire informazioni sulla composizione dei vaccini, etc., fosse competenza del medico vaccinatore o del medico competente, a seconda che a richiederle fossero cittadini o sanitari”.

Nel corso dell’udienza il pubblico ministero ha prodotto un’altra richiesta di archiviazione, questa volta accolta da un altro Gup, che riguardava un caso analogo: “Non c’è un indebito rifiuto – ha spiegato il pubblico ministero nella sua requisitoria - perché Montù non era il destinatario naturale della richiesta. Egli ha solo preso atto della mancata vaccinazione di un’operatrice sanitaria che aveva un obbligo e non lo ha rispettato”.

Di contro, l’avvocato Rocco Sardo, che ha rappresentato l’infermiera costituitasi parte civile, ha sostenuto che “la vaccinazione era un obbligo per determinate categorie che potevano sottoporvisi se ritenevano fosse un beneficio per la salute, previo consenso 'libero e informato'”. 

Ciò che il difensore ha sottolineato, prima di chiedere la condanna dell’imputato e il risarcimento, è stato che tutte le lettere di sospensione dei sanitari non vaccinati portassero la firma del dottor Montù: “Non c’è solo l’omessa risposta – ha ribadito - ma c’è dolo. E come aveva scritto il gup Gaveglio nell’ordinanza di imputazione coatta, anche la piena consapevolezza di non voler rispondere. Un’infermiera non aveva le competenze per valutare: a quei tempi non si poteva andare dai medici di base e i medici vaccinatori non potevano fornire le indicazioni per esprimere un consenso libero e informato”.

Ad associarsi alle richieste di assoluzione formulate dal pubblico ministero, la difesa dell’imputato rappresentata dagli avvocati Luciano Aimar e Andrea Carpinelli: “Montù non stava realizzando un trattamento sanitario, ma una procedura amministrativa”. 

Quanto alla mancata risposta, i difensori hanno spiegato che quel messaggio di posta elettronica certificata, dal direttore, non era nemmeno stata vista: “L’organizzazione aziendale prevedeva l’invio a un gruppo apposito e poi, nel caso, al comitato medico. Qualsiasi dipendente Asl poteva rivolgersi al medico aziendale”.

Redazione

Commenti