Mario Roggero era capace di intendere di volere quando ha sparato in direzione dei banditi che stavano fuggendo dopo aver assaltato la sua gioielleria di Gallo Grinzane mentre, viste le immagini della video-sorveglianza registrate dentro e fuori dal suo negozio di via Garibaldi, risulta inverosimile la tesi secondo la quale con la sua azione sarebbe stata tesa a mettere in salvo la moglie, temendo che la donna fosse ostaggio dei rapinatori.
Sono questi i punti nodali contenuti nelle 46 pagine di argomentazioni depositate oggi, venerdì 1° dicembre, e con le quali il presidente della Corte d’Assise presso il Tribunale di Asti, dottor Alberto Giannone, ha motivato la condanna decisa dalla giuria popolare lo scorso 4 dicembre, in conclusione a un processo di primo grado durato poco meno di due anni.
Il commerciante di Grinzane Cavour, che il prossimo 5 maggio compirà 70 anni, è stato condannato a 17 anni di reclusione per duplice omicidio volontario, tentato omicidio e porto abusivo di arma comune da sparo. Una pena con la quale la corte astigiana era andata peraltro oltre la richiesta avanzata dal pubblico ministero Davide Greco, che per Roggero aveva chiesto 14 anni di reclusione. L’imputato è stato anche obbligato al pagamento delle spese processuali, dichiarandolo interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e interdetto legalmente per tutta la durata della pena e condannandolo altresì al risarcimento dei danni a favore delle 14 parti civili costituite nel processo, a favore delle quali sono state disposte provvisionali immediatamente esecutive per l’ammontare complessivo di 480 mila euro.
A questi si aggiungono i 300mila euro già versati dal commerciante prima che il processo avesse inizio, quando la sua difesa era affidata al legale albese Stefano Campanello e al collega astigiano Aldo Mirate, poi deceduto nell’agosto 2022. Roggero, che intanto ha cambiato avvocato dismettendo il mandato al legale ferrarese Dario Bolognesi e rivolgendosi al collega del foro di Verona Stefano Marcolini, è stato poi condannato a rifondere le spese legali sostenute dalle parti civili per un totale di circa 22mila euro, mentre il totale delle richieste per "danno parentale" avanzate dai familiari dei due rapinatori assommano a 2,8 milioni di euro.
I BANDITI GIA’ USCITI DAL NEGOZIO
Suddivisa in capitoli, la sentenza dedica specifici paragrafi alla ricostruzione di quanto successo dentro e fuori dalla gioielleria di Gallo Grinzane poco dopo le 17.40 di mercoledì 28 aprile 2021 e sul ruolo dell’imputato, all’analisi delle immagini tratte dalle videocamere di sorveglianza presenti all’interno e all’esterno dell’esercizio e lungo la via, alle testimonianze rese in giudizio in merito alla dinamica dei fatti, compresa ovviamente la versione dello stesso commerciante. Quindi alle consulenze autoptiche, a quelle balistiche, per arrivare alla valutazione dei fatti della Corte d’Assise e a quello che nel linguaggio del diritto penale si descrive come l’elemento materiale. E’ qui che viene rilevato come i filmati consentano di constatare come nell'istante in cui Roggero prende, per la prima volta, l'arma dal cassetto sotto il registratore di cassa, "i tre rapinatori siano già fuori dalla gioielleria e si stiano dirigendo verso la macchina. Appaiono pertanto "prive di qualsiasi fondamento le dichiarazioni rese dall'imputato e dalla figlia secondo cui ci sarebbe stato un momento in cui entrambe le armi erano spianate quando i malviventi si trovavano ancora all'interno della gioielleria".
Ugualmente privo di fondamento "quanto riferito dall'imputato in ordine al presunto comportamento da parte di Spinelli che, a suo dire, avrebbe continuato a puntargli l'arma anche mentre si trovava nei pressi dell'autovettura, e soltanto per questo motivo Roggero avrebbe fatto fuoco". Per confutare tale affermazione, scrive il giudice, "è sufficiente fare riferimento ai filmati dell'area esterna (…)".
L’IMPUTABILITA’
Nelle sei pagine del terzo capitolo si tratta il tema dell’imputabilità del gioielliere. Ci si interroga sulla sua capacità di intendere e di volere al momento del fatto secondo le relazioni effettuate da consulenti Gabriele Rocca (per la pubblica accusa), dal dottor Enrico Zanalda e dalla professoressa Isabella Merzagora per conto della difesa, dalla dottoressa Ilaria Rossetto per conto delle parti civili, infine del perito Roberto Keller, nominato dalla Corte vista le difformi conclusioni cui i diversi consulenti erano giunti.
Nella sua relazione quest’ultimo ha chiaramente evidenziato come Roggero fosse "sicuramente affetto da un disturbo post traumatico da stress in seguito alla rapina del 2015" - mentre la Di Girolamo (collaboratrice del perito, ndr) nella sua relazione parla di "alcuni sintomi esistenti all'epoca della valutazione, quindi nel 2023 - ma che tale disturbo presentasse, nel 2021, dei sintomi lievi e non tali da compromettere il funzionamento lavorativo e socio-relazionale".
"Roggero – si prosegue – viene descritto come un uomo avente una personalità attiva e pragmatica e, dopo la rapina del maggio 2015, convinto di dover agire da solo dato che, secondo la sua opinione, sia le forze dell’ordine che l’autorità giudiziaria non avevano svolto adeguatamente il loro compito all'indomani della prima rapina".
"La sua modalità di reazione agli eventi – si scrive ancora – viene, in ogni caso, definita di tipo impulsivo e immediato anche nel periodo antecedente, come dimostrerebbero i fatti occorsi nel 2005 nel corso della lite con la famiglia del fidanzato della figlia. Tale condizione, a parere del perito, non ha mai raggiunto, così come dimostrato dai numerosi test somministrati, un livello tale di gravità proprio di un disturbo della personalità né ha mai compromesso l'esame di realtà del Roggero". "Egli – si dice anzi – appare perfettamente cosciente di quello che sta accadendo: vuole assicurare alla giustizia i rapinatori e vuole difendere la sua famiglia. Non vuole che succeda quello che è accaduto ai rapinatori nel 2015".
Secondo il dott. Keller, "è ben consapevole di cosa vuole fare, di cosa sta facendo e si determina in tale direzione. La condizione emotiva, per quanto su una base di stress post traumatico, non raggiunge quindi la qualità di infermità di mente. Non è un disturbo mentale quindi che va a grandemente o totalmente scemare la capacità di comprendere l’evento e autodeterminarsi. lI comportamento messo in atto è una reazione di difesa, emotiva, estrema, esagerata, sproporzionata, una esplosione di rabbia, motivata dalla frustrazione e dalla sofferenza covata per anni di rapina e numerosi furti, ma con una motivazione reale, concreta, comprensibile sul piano della linearità di comportamento’ (…)".
PERCHE’ NON FU LEGITTIMA DIFESA
"Per quanto attiene all'elemento soggettivo, non può sorgere alcun dubbio circa la volontarietà dell'azione posta in essere da Mario Roggero", esordisce il giudice Giannone. "La stessa difesa dell'imputato – si annota – che, come si vedrà, ha incentrato la propria linea difensiva sulla sussistenza della causa di giustificazione della legittima difesa, non ha in alcun modo messo in dubbio che Roggero abbia volontariamente esploso i colpi di pistola nei confronti dei rapinatori; colpi di pistola che, come riferito da tutti i consulenti balistici, sono stati sparati ad altezza uomo e in direzione della parte superiore del corpo dei rapinatori. (…) "
TUTTI I COLPI SPARATI FUORI
In merito alla sussistenza della causa di giustificazione della legittima difesa, il giudice prima precisa come risultino "prive di fondamento" le dichiarazioni rese in prima istanza dal gioielliere alla stampa "sostenendo di aver sparato i primi colpi di pistola quando i rapinatori, armi in pugno, si trovavano ancora dentro la gioielleria": "Tutti i colpi di pistola – si argomenta qui – sono stati sparati fuori dall'esercizio commerciale quando i rapinatori stavano cercando di scappare e quando, dunque, il pericolo per la propria incolumità e per quella dei suoi prossimi congiunti era senza alcun dubbio del tutto cessato".
LA RAPINA ERA GIA’ FINITA
"Mario Roggero si arma della pistola conservata nel cassetto sotto il registratore di cassa quando già la rapina è finita e i malviventi sono usciti dalla porta posteriore del negozio ed esce dalla porta secondaria con la pistola in pugno almeno quattro secondi dopo che ne sono usciti i rapinatori. (…)", dice il giudice, che poco dopo aggiunge: "Va sgombrato li campo da un primo, importante equivoco: i colpi non sono stati sparati per la necessità di salvare sé o altri da un pericolo attuale e imminente mentre la rapina era in corso; i colpi sono stati esplosi quando la rapina era finita e i malviventi stavano salendo in macchina (anzi Modica vi era già salito) per darsi alla fuga".
LA MOGLIE IN PERICOLO
Secondo la tesi difensiva, "quando i rapinatori chiedono a Mario Roggero di andare a prendere i contanti, quest'ultimo estrae la pistola che detiene sotto il registratore di cassa e insegue i malviventi nella convinzione che gli stessi abbiano rapito la moglie. Tutte le successive azioni sarebbero, dunque, state commesse con il solo fine di liberare Mariangela Sandrone (la moglie, ndr) che si sarebbe trovata, in quel momento, in chiaro pericolo di vita perché in balia dei rapinatori insoddisfatti per aver dovuto interrompere in colpo". Una tesi che appare "priva di qualsivoglia fondamento". "Anche a voler tacere il fatto che, come rilevato dal pubblico ministero e come emerge da alcune delle interviste acquisite, della tesi del rapimento della Sandrone non vi è traccia nelle prime dichiarazioni 'giornalistiche’ dell'imputato, va detto che appare lampante dalla riproduzione delle immagini riprese della telecamera interna della gioielleria che Mario Roggero, dopo aver preso in mano la pistola ed essersi messo all'inseguimento dei rapinatori, si scontra con la moglie che si frappone fra lui e l'uscita e, con un gesto, la sposta per poter raggiungere i malviventi. L'imputato nel corso delle spontanee dichiarazioni ha riferito di non ricordare assolutamente l'incontro con la moglie e ha confermato di aver agito con il solo fine di metterla in salvo. Tale, legittima, dichiarazione appare tuttavia del tutto inverosimile se solo si analizza la condotta posta in essere da Roggero negli attimi immediatamente successivi (…)".
LE CONCLUSIONI
"Compiendo un giudizio ex ante e alla luce delle circostanze di fatto – conclude il giudice –, va detto come vi siano molteplici elementi che portano la Corte a ritenere radicalmente insussistenti i presupposti della legittima difesa putativa: in particolare apparendo del tutto assurdo sul piano logico opinare che Roggero abbia sparato almeno due colpi all'interno della vettura, unico posto nella quale si sarebbe potuta trovare la moglie sequestrata (visto che non era in piedi insieme ai rapinatori), col rischio di uccidere anche lei. Di contro, gli unici elementi a supporto della tesi difensiva sono le dichiarazioni dell'imputato e il gesto rivolto alla moglie, così come interpretato dal difensore; elementi che, come detto, si scontrano in maniera insuperabile con le circostanze di fatto che hanno caratterizzato l'azione di Roggero. Alla luce di tali valutazioni, escluso qualunque spazio per la sussistenza della legittima difesa anche soltanto putativa, deve dirsi, pertanto, pienamente provata in giudizio la penale responsabilità dell'imputato in ordine ai delitti di omicidio e di tentato omicidio (…)".
LE REAZIONI
"Una sentenza molto ben motivata, sia nella ricostruzione dei fatti, sia nella valutazioni di carattere giuridico; un provvedimento che ribadisce il principio per il quale ogni vita umana è protetta dalla legge", dice l’avvocato Marino Careglio, che in giudizio ha rappresentato i parenti di Andrea Spinelli costituiti parte civile nel processo.
Di "sentenza solida, che offre una puntuale e completa ricostruzione di quanto accaduto il 28 aprile 2021, sia sotto il profilo fattuale, sia sotto il profilo giuridico", parla invece l'avvocato Angelo Panza, che nel processo ha rappresentato la madre, i fratelli e le sorelle di Giuseppe Mazzarino.
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