Un Dino Meneghin mitologico, come d’obbligo per qualsivoglia prodotto che si cimenti nel raccontare lo sportivo italiano più vincente di sempre, ma anche per la prima volta intimo, capace cioè di aprire lo scrigno rimasto finora pressoché inviolabile, quello familiare.
E un Dino Meneghin pure tanto tanto tanto varesino, in modo da ridare ordine alla Storia, come ha fatto acutamente notare il giornalista Flavio Vanetti, già autore di “Passi da gigante”, il libro-biografia sul campione nato ad Alano di Piave: «La sua figura è stata ultimamente associata solo ai trionfi con Milano - ha detto - ma non dobbiamo dimenticarci che Dino è partito da qui. Ed è quindi anche nostro».
Varese batte Milano 1-0 (copyright di Umberto Argieri, presidente di quel trust Il Basket Siamo Noi che ancora una volta ha confezionato un evento impeccabile): la prima di “Dino Meneghin-Storia di una Leggenda” si è tenuta ieri sera al MIV-Multisala Impero Varese in una sala Giove esaurita già da giorni. Solo oggi il docufilm arriverà a Milano, 24 ore dopo. Bene così.
La Città Giardino che ama la pallacanestro si è emozionata ed ha applaudito convinta, perché ha rivisto la se stessa dei giorni migliori, immarcescibili, costituenti una fede. In platea tanti tifosi, mischiati ai compagni e agli amici che insieme a Meneghin hanno scritto le pagine memorabili prima della Ignis e poi della Mobilgirgi: tra essi Paolo Vittori, Marino Zanatta, Toto Bulgheroni, Aldo Ossola, Massimo Lucarelli e Fabio Colombo.
«Questo film colma il vuoto enorme dell’assenza di un film su un campione come Dino Meneghin. Ma prima ancora del campione c’è una persona di grande carisma e di valori che andava raccontata» è stato il messaggio di Samuele Rossi, il regista che ha convinto Dino-mito a fare un passo che non aveva finora considerato: «Quando ho ricevuto la proposta mi sono chiesto a chi potesse interessare oggi una storia di pallacanestro del secolo scorso - ha spiegato proprio Dino, salito sul palco prima della proiezione e intervistato dal giornalista Antonio Franzi - Poi, parlando con i figli di un mio amico, di 10 e 12 anni, entrambi giocatori di basket, mi sono reso conto che non avevano nemmeno la minima idea di ciò che sono state quella Varese e quella Milano… E allora ho deciso di prestarmi per questo docufilm, perché potesse diventare un modo per far rivivere certe emozioni a chi c’era e un modo per far conoscere a chi non c’era una pallacanestro che non c’è più, ma che ha fatto la storia di questo sport in Italia».
Le parole hanno lasciato presto spazio alle immagini, condensate in 52 minuti intensi e raccontati da tante voci narranti: quelle del fratello Renzo e della moglie Caterina, dei giornalisti Flavio Vanetti e Guido Bagatta, e di vari protagonisti (tra compagni e avversari) dell’epopea del Mito, tra cui Sandro Galleani, Dan Peterson, Massimo Lucarelli, Sandro Gamba, Guido Borghi, Pierluigi Marzorati, Aldo Ossola e Roberto Premier, intervistati tra le quinte di Masnago e del Forum di Assago e alternati a immagini d’epoca e telecronache.
Il narratore più importante, tuttavia, lo abbiamo lasciato alla fine: è stato Andrea Meneghin, grazie al quale il docufilm è entrato nei meandri intimi di un rapporto padre-figlio molto delicato, ma non privo di un bellissimo lieto fine.
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