Il Nazionale

Cronaca | 14 novembre 2023, 12:18

Traffico di droga sgominato dalla Finanza: la banda aveva quattro sedi, ecco quali erano i ruoli dei componenti

Nell’indagine è emerso che Domenico Gioffrè, Giovanni De Marte ed Antonino Laganà erano i costitutori, promotori, finanziatori e capi della struttura. Impartivano disposizioni vincolanti per chi non era ‘dirigente’ del gruppo criminale

Traffico di droga sgominato dalla Finanza: la banda aveva quattro sedi, ecco quali erano i ruoli dei componenti

Intercettazioni ambientali ed immagini ad alta definizione: sono state fondamentali per le indagini della Guardia di Finanza di Imperia, che ha sgominato una banda di trafficanti di droga che riforniva anche gli assuntori della nostra provincia.

Le ordinanze di custodia cautelare hanno colpito: Domenico Gioffrè, Giovanni De Marte, Michela De Marte, Antonino Laganà, Lorenzo Onda, Giovanni Chimienti, Emanuela Surace, Lorenzo Chirco, Vincenzo Santarpia, Giovanni Striglioni, Nicolò Striglioni, Andrea Ziella, Leonardo Randy Fiss Nieto,  Gato Guillermo Tonbar Niemes, Antonio Arcangelo Raso Casanova, Robert Josè Capa Marquez, Daniel Ciulla, Alessandro Casa, Indrit Shaba, Gianluca Cavalcante, Jimmy Kuci, Eugers Zezha, Monica Poretti, Elvis Collaku, Ayiob Gbali.

Dagli atti emerge come la maggior parte degli scambi avvenissero in una villetta di via Codeville a Diano Castello, dove sono state installate diverse foto e videocamere, che hanno immortalato i traffici illeciti (abitazione costantemente frequentata da pregiudicati) anche se l’indagine era nata dall’arresto di Youness El Kettani, fermato con 600 grammi di cocaina e sospettato di essere collegato alla famiglia De Marte.

La banda aveva iniziato a spacciare, con ai vertici Domenico Gioffrè e Giovanni De Marte, in pieno periodo di pandemia, nel 2020. Dalle intercettazioni, infatti, alcuni componenti dell’organizzazione sostenevano che “Durante il Covid eravamo i numeri uno in Liguria e avevamo difficoltà a contare tutto il denaro”. Il sodalizio De Marte-Gioffrè si avvaleva anche di una rete di clienti e pusher, che monopolizzavano il mercato dello spaccio nella nostra provincia.

I mezzi a disposizione della banda erano importanti, come i ‘criptofonini’, per la prima volta usati nel 2021 e, nel corso di quella estate i componenti della gang parlavano di approvvigionamenti di almeno 6,5 kg di cocaina, che arrivavano a 15 kg al mese, secondo quanto evidenziato dalle intercettazioni. Senza dimenticare anche la vendita di hashish e marijuana.

Nell’indagine è emerso che Domenico Gioffrè, Giovanni De Marte ed Antonino Laganà erano i costitutori, promotori, finanziatori e capi della struttura. Impartivano disposizioni vincolanti per chi non era ‘dirigente’ del gruppo criminale. Michela De Marte era organizzatrice e moglie del capo in posizione verticistica, pronta a svolgere compiti come staffetta e corrieri, oltre a fornire pareri durante le trattative. Rendicontava anche i guadagni dell’associazione.

Lorenzo Onda era un elemento di collegamento tra i vertici, era anche corriere e venditore al dettaglio. Giovanni Chimenti faceva il corriere, il venditore e il custode della droga mentre Lorenzo Chirco era corriere e assaggiatore. Jhonny Loda, oltre a essere cliente era anche rivenditore, corriere e custode mentre Vincenzo Santarpia (che aveva gli stessi ruoli) faceva anche da staffetta.

Nicolò Striglioni era un cliente all’ingrosso e fungeva da prestanome mentre Andrea Ziella era un corriere deputato anche al recupero dei crediti con metodi violenti. Leonardo Nieto Fiss era cliente all’ingrosso, venditore al dettaglio e anche lui si occupava di recupero crediti. Antonio Raso Casanova era corriere e mediatore nelle trattative per l’acquisto della droga mentre Daniel Ciulla ed Alessandro Casa erano rispettivamente cliente e corriere ma entrambi erano anche venditori. Indit Shaba aveva i ruoli di cliente, venditore, assaggiatore e si occupava di recupero crediti mentre Giuseppe Scarcella era il fornitore calabrese della cocaina in pietra e dei criptofonini. Luca Cavalcante era un concorrente esterno.

L’associazione a delinquere di stampo mafioso è emersa nell’enorme quantità di intercettazioni, sia telefoniche che ambientali, in particolare nell’abitazione di Diano Castello. Ed è anche emerso come tutti i componenti della banda fossero consapevoli di far parte di una associazione. Trascorrevano molto tempo, anche a scopo conviviale, nella casa di via Codeville a Diano Castello. Il tutto comprovato dalle intercettazioni dove si dicono tra loro “Noi compriamo dove vogliamo, non abbiamo capo, semmai siamo noi i capi”.

Secondo gli inquirenti, oltre alla sede ‘principale’ di Diano Castello, l’organizzazione poteva contare di altre tre sedi secondarie: l’abitazione di Giovanni De Marte a Taggia per la consegna della cocaina e la ricezione dei cienti, quella di Lorenzo Chirco a Diano Arentino per la custodia delle piantine di marijuana coltivate da Antonino Laganà e quella di Goivanni Chimienti a Diano Marina, per la custodia della cocaina da lui spacciata e delle piantine di marijuana.

Come funzionava il sodalizio? In pratica i vertici, soprattutto Goiffrè con il criptofonino, concordava gli approvvigionamenti di cocaina dalla Calabria ed organizzavano trasferte al Sud prima e a Roma poi, per la cessione della cocaina o per la sola consegna dei soldi. La droga, in questo caso, arrivava con un bus fino ad Imperia.

Una volta ricevuta la cocaina in pietra, solitamente un chilo per un costo di circa 35mila euro, questa veniva tagliata con la mannite e quindi veniva venduta all’ingrosso per poi essere ceduta al dettaglio. La banda disponeva di coppie di lavoro, soprannominate ‘pattuglie’, che acquistavano e vendevano la droga, per garantire sempre la reperibilità della merce. Veniva venduta a prezzi decisi dai ‘capi’ per assicurare un mercato egemone.

Carlo Alessi

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