Il Nazionale

Cronaca | 14 ottobre 2023, 08:10

Emanuela Orlandi, il fratello Pietro ospite a Torino Crime: "L'inchiesta del Vaticano? Una farsa" [INTERVISTA]

A quarant'anni dalla scomparsa della 15enne, i famigliari non si sono mai arresi: "Vorrei poter suonare insieme il Notturno di Chopin, aveva cominciato a insegnarmelo prima che la rapissero. Non ho mai imparato"

Emanuela Orlandi, il fratello Pietro ospite a Torino Crime: "L'inchiesta del Vaticano? Una farsa" [INTERVISTA]

 

Sono trascorsi più di 40 anni da quel maledetto torrido pomeriggio del 22 giugno 1983, quando Emanuela Orlandi, 15 anni, cittadina dello Stato Vaticano, non fece più ritorno a casa dalla lezione di musica. Da allora di lei non si è più saputo nulla, da allora i familiari non hanno mai smesso di cercarla. Tante le piste che si sono aperte, da quelle a sfondo sessuale, a quelle legate al terrorismo internazionale, la verità ancora non è arrivata. Purtroppo più passa il tempo e più si sta arrivando al “capolinea”, quello che nel gergo degli inquirenti è quel momento in cui le indagini finiscono su un binario morto, per scivolare nel mistero. E proprio sul tema del “capolinea” si concentra l’edizione 2023 del Torino Crime Festival, che oggi vedrà tra gli ospiti il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi. 

“Vorrei raccontare chi era Emanuela all’epoca, perché in tanti non la conoscono e far capire il perché della mia rabbia nei confronti del Vaticano che io consideravo come una famiglia, una famiglia che poi ci ha voltato le spalle. Noi siamo cresciuti all’interno delle mura vaticane, mio nonno, cento anni fa, fu il primo a lavorare per il Papa, mio padre è nato lì, noi abbiamo trascorso un’infanzia bellissima, nel luogo più protetto e sicuro del mondo. Mai avremmo pensato che sarebbe successa una cosa del genere”.

Dopo tutti questi anni non si è mai arreso, ma c’è stato un momento in cui ha pensato di mollare? 

“Mai, non potrei. Per tanti motivi. Intanto perché di indole non accetterò mai un’ingiustizia come questa, è quello cui cercano di abituarci purtroppo. 

Non riuscirei mai ad accettarlo e poi perché sono convinto che ci siano sono delle responsabilità da parte del Vaticano e non mi piace che certe persone restino impunite.  

Poi la cosa che mi spinge ogni giorno è darle giustizia. Non ho mai trovato i resti. Finché non li troverò, Emanuela per me è ancora viva”.

Cosa le manca di più di lei e nel caso in cui dovesse effettivamente ritrovarla viva, quale sarebbe la prima cosa che vorrebbe dirle? 

“Ci sono tante cose davvero… Una cosa che mi viene in mente è che noi suonavamo dei pezzi al pianoforte insieme. Ricordo che prima che scomparisse mi stava insegnando a suonare Il Notturno di Chopin. Non sono mai riuscito a finirlo perché poi l’hanno rapita e tuttora non riesco ad andare oltre. Forse la prima cosa che gli chiederei è di continuare a insegnarmelo”.

Tra tutte le piste aperte dalla scomparsa di Emanuela, oggi quale resta quella più concreta secondo lei? 

“Quello che posso escludere ovviamente è l’allentamento volontario o che mia sorella sia stata vittima di un maniaco. È stata rapita, sicuramente dietro c’era un ricattato e un ricattatore, sicuramente il Vaticano è coinvolto. La malavita locale può aver svolto un ruolo di manovalanza, ma nulla di più. Se tu ricatti uno Stato potente come il Vaticano non puoi essere solo un malavitoso di Roma. De Pedis, (il capo della Banda della Magliana, ritenuto da molti l’organizzatore del rapimento della giovane, ndr), può avere avuto un ruolo di manovalanza, ma non era certo il mandante. Credo ci sia anche la possibilità di un ricatto all’interno del Vaticano stesso. Manuela non poteva essere oggetto di un ricatto molto forte. È stata anche un modo probabilmente per alzare l’attenzione mediatica e per mettere sotto pressione chi doveva essere ricattato”. 

Pietro Orlandi di una cosa è comunque certo: all’interno delle mure vaticane ci sono delle responsabilità mai venute fuori. Il caso, anche dopo il successo mediatico della serie Netflix, Vatican Girl, è stato riaperto dalla Procura di Roma cui collabora anche il Vaticano che per la prima volta ha aperto una sua inchiesta. Potremmo finalmente arrivare alla verità? 

“Ci speravo tantissimo, a due giorni dai funerali di Ratzinger, è stata aperta dopo 40 anni. La notizia di un’inchiesta mi era parsa una cosa molto positiva, mi devo ricredere, perché sto capendo che è una farsa. Sono stato ascoltato per una giornata intera, ho consegnato un memoriale con nomi di 28 persone che dovevano essere ascoltate, anche persone vicine a Papa Francesco. Chi cerca la verità dopo quel fascicolo, avrebbe dovuto come minimo chiamare questi personaggi, mai sentiti. Hanno puntato il dito su mio zio per scaricare la responsabilità e per spostare l’attenzione sulla mia famiglia. Non erano mai scesi così in basso. Hanno tirato fuori una storia piena di falsità, ecco il lavoro che hanno fatto. Lì la mia fiducia è crollata. È solo una farsa”. 

Oltre a queste due indagini, dovrebbe presto attivarsi anche una Commissione Parlamentare d’inchiesta sul caso.
“Doveva esserci la votazione questa settimana, ma è stata rinviata alla prossima. Era già passata a voto unanime alla Camera, dal Senato stenta. Il Vaticano ovviamente non gradisce, la vedono come un’intromissione nel loro lavoro. Ma non la gradiscono perché una commissione parlamentare è più difficile da controllare, ne fanno parte 40 parlamentari. Ne puoi controllare qualcuno, ma non tutti”.

Ad oggi i vostri rapporti con il Vaticano quali sono? 

“Mia madre vive ancora lì. Abita nella stessa casa, anche i miei figli hanno vissuto e conosciuto quella casa. Spesso mi chiedono perché mia madre non se ne va, ma perché dovrebbe? Quella è casa sua. Non siamo noi a doverci sentire in colpa, sono gli altri che dovrebbero andarsene”. 

L’appuntamento del Torino Crime Festival con Pietro Orlandi è oggi alle ore 18.30 al Circolo dei Lettori.  

 

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