“Alberto Scagni non merita l'ergastolo, ma va curato”. Lo ripetono da mesi i genitori, lo ha ribadito il suo avvocato Alberto Caselli Lapeschi che questa mattina ha sostituito il collega Mirko Bettoli nella arringa difensiva che darà al presidente della Corte d'Assise Massimo Cusatti ventiquattro ore di tempo prima di chiudersi in camera di consiglio, salvo eventuali repliche della pm Paola Crispo (che aveva chiesto l'ergastolo) e dichiarazioni spontanee di Alberto, che il primo maggio del 2022 ha ucciso la sorella Alice con un agguato sotto casa.
Caselli Lapeschi in un'ora e trenta di arringa ha tentato, vedremo domani se invano o no, di convincere la Corte che le aggravanti non si possono applicare. Nessuna: né l'accusa di aver occultato l'arma, un coltello, con un sacchetto, né la premeditazione, né la crudeltà nonostante le venti coltellate inferte sul corpo della sorella lasciata agonizzante.
“Il sacchetto non ha potenzialità ingannatoria e la repentinità del gesto lo esclude”, ha detto l'avvocato, mentre per quanto riguarda la crudeltà, secondo la giurisprudenza, sottolinea Caselli Lapeschi, “è riconosciuta se c'è la volontà di brutalizzare la vittima. In questo caso manca l'intento di fare del male aggiuntivo. Inoltre il soggetto nella fase del delitto, era delirante, il che pone in essere l'incapacità di controllarsi”.
Per quanto riguarda la premeditazione, infine, “le prove raccolte confermano l'esclusione”, sostiene l'avvocato. “Dalle testimonianze emerge che l'imputato è persona caratterialmente difficile, non del tutto in bolla. Ha sempre avuto rapporti conflittuali con i familiari, meno con Alice. Nella sua testa malata la sorella era la persona meno odiata e ciò emerge dalla relazione dell'agente di Pg Bozzo che analizzando i tabulati del telefono sequestrato, sottolinea l'assenza di astio nei confronti di Alice. Questa considerazione trova conferma dalle dichiarazioni di Gianluca Calzona, il marito di Alice, che afferma che il cane lo portava quasi sempre lui fuori: 19 volte su 20. Vuol dire che Scagni non poteva immaginare che scendesse Alice anziché Calzona”. Alberto quindi, secondo l'avvocato, avrebbe semmai aspettato che il cognato scendesse, quindi se ci fu premeditazione, non fu per organizzare l'omicidio della sorella, ma di Calzona.
Alla luce di tutto questo, chiedendo che venga riconosciuto il vizio parziale di mente, già richiesto dal perito del gip Elvezio Firpo, che ha riconosciuto in Alberto un grave disturbo psichiatrico la difesa chiede l'applicazione delle attenuante che, con l'esclusione delle tre aggravanti – a cui si aggiunge quella di aver ucciso un membro della famiglia - potrebbe risparmiare all'imputato l'ergastolo, con l'applicazione dello sconto della pena prevista dal rito abbreviato.
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