"I coniugi Scagni hanno vissuto una esperienza di tragicità inimmaginabile, perdendo due figli. Quali persone offese dal reato commesso dal figlio non possono essere relegati nell’umiliante posizione di non poter avere voce nella ricostruzione dei fatti se non in posizione 'sommamente vicariale' rispetto al PM, definizione da cui peraltro traspare poca serenità di giudizio.
Come difensori riteniamo di non poterli assistere in un processo che in via preconcetta qualifica i loro sforzi di accertamento della verità come inutili ed oggetto di indebita stigmatizzazione. Pertanto con il presente atto comunichiamo La remissione del mandato difensivo con effetto immediato". Si conclude così il documento di otto pagine con cui Graziano Scagni e Antonella Zarri, tramite il loro avvocato Fabio Anselmo comunicano la rinuncia alla costituzione di parte civile nel processo che vede imputato il figlio Alberto, colpevole di avere ucciso la sorella Alice il primo maggio del 2022.
Una decisione, quella presa dai genitori e da Anselmo, in polemica con l'ordinanza del presidente della Corte d'Assise Massimo Cusatti che durante la prima udienza del processo aveva ridimensionato il ruolo di parte civile, definita 'vicaria' rispetto al pm 'unico soggetto legittimato a formulare un'imputazione e a determinare l'esercizio dell'azione penale'.
"Le esigenze di accertamento della parte civile, in sintesi, - scrive Anselmo - sarebbero del tutto relegate alla sola dimostrazione e quantificazione del danno in supina adesione, per ogni altro tema di prova, alle iniziative del PM. Eclatante effetto di tale impostazione è che la parte civile, in sede di redazione di lista testimoniale, ha indicato in gran parte persone già sentite a sit dalla Procura e sugli stessi temi che il PM ha ritenuto rilevanti: ma secondo la Corte tale allegazione di prova 'in prima persona' per la parte civile non sarebbe possibile e pertanto le prove non sono state ammesse".
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