Il Nazionale

Cronaca | 29 maggio 2023, 13:40

Cinquant'anni anni fa il crollo del ponte sul Grana a Caraglio: un'altra tragedia che si doveva evitare

Il 29 maggio 1973 l’incidente nel quale morì un uomo ed altri due restarono feriti. Da tempo il sindaco del paese lottava contro il Genio per scavi nel greto del torrente, ma dopo un sopralluogo Anas decise che si poteva continuare: la piena del torrente provocò il dramma

Cinquant'anni anni fa il crollo del ponte sul Grana a Caraglio: un'altra tragedia che si doveva evitare

Mentre, tra rassicurazioni da una parte e pessimistiche smentite dall’altra, al cantiere del Tenda si continua a lavorare sperando prima o poi di vedere la luce di un’opera infinita, (l’ultima “chicca” parla di un guado provvisorio sul Rio Ca, che permetterebbe di rispettare l’apertura di facciata” prevista e confermata da Anas per ottobre 2023), ricorre oggi (lunedì 29 maggio) il triste anniversario di un fatto di cronaca che 50 anni fa scosse le coscienze della Granda.

Era il 29 maggio 1973 quando, poco prima di mezzogiorno, il ponte sul Grana che collega Cuneo con Caraglio cedette di schianto facendo un morto e due feriti.

In quel momento stavano transitando due automobili, un Renault 8 ed una Simca 1000: entrambe furono coinvolte nel crollo finendo nel greto del torrente, travolte dai calcinacci.

Ad avere la peggio fu il caragliese Giovanni Degiovanni che sedeva accanto al guidatore della R8, il commerciante Biagio Tallone rimasto a sua volta ferito. Degiovanni fu sbalzato nell’acqua, impetuosa in quei giorni a causa delle abbondanti piogge che avevano colpito l’area per l’intera settimana, morendo per annegamento.

Ferito anche il conducente della Simca, un uomo di San Damiano Macra, mentre dall’incidente uscì miracolosamente illeso il suo passeggero. Solo la prontezza di spirito dell’autista di un pullman, che seguiva le due auto da vicino e che, accorgendosi all’ultimo istante del crollo riuscì ad arrestare il mezzo, impedì che la sciagura assumesse dimensioni ancora più tragiche.

Si parlò subito di cedimento strutturale delle arcate causato dall’erosione delle acque per la violenta piena del Grana, cosa che in effetti avvenne, ma nei giorni successivi sui giornali locali rimbalzò una querelle che da tempo vedeva protagonista l’allora sindaco di Caraglio, Luigi Cornelio, opposto a Genio Civile ed Anas.

Si scoprì che il primo cittadino, contrario agli scavi effettuati nell’alveo del torrente in corrispondenza del ponte effettuati dal Genio, chiedeva spiegazioni e rassicurazioni in merito: secondo Cornelio, in caso di piena il prelievo di materiale ghiaioso avrebbe agevolato l’erosione dei piloni. Così fu.

Cornelio parlava di “dialogo tra sordi”. Dopo alcuni controlli, in seguito ad una riunione avvenuta a Borgo San Dalmazzo una settimana prima del tragico fatto, Anas autorizzò la prosecuzione degli scavi. Il sindaco, rimasto fermamente contrario, agì piazzando i vigili urbani all’uscita del cantiere per controllare se il carico dei camion impegnati fosse regolare. E fioccarono le multe.

Arrivò la piena, l’acqua fece la sua parte ed il ponte crollò.

E la domanda fu la stessa che, ciclicamente, torna dopo ogni italica tragedia: poteva essere evitata? La risposta è sì. Anzi, si doveva evitare.

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