Dopo l’arresto di Pasquale Bonavota, avvenuto nella mattinata di ieri nella cattedrale di San Lorenzo, il quartiere di San Teodoro si è risvegliato al centro delle cronache. Abitava in zona, in un appartamento nella parte alta del quartiere, vicino a negozi, alla scuola e ad altri caseggiati.
“C'è stata un'ottima sinergia tra il Ros, il nucleo investigativo e il supporto dei colleghi di Vibo Valentia. - ha commentato il comandante del reparto operativo Michele Lastella - Insieme siamo riusciti a capire che almeno in quest'ultimo periodo fosse a Genova. I sospetti erano fortissimi, nell'ultimo periodo avevamo iniziato il pedinamento a soggetti che potevano essere a lui legati, siamo riusciti a individuarlo a passeggio nelle vie centrali del centro storico, lo abbiamo seguito finché non abbiamo avuto la certezza che fosse lui e siamo intervenuti poco dopo il suo ingresso in chiesa”.
La Voce di Genova ha chiesto ai residenti se Bonavota fosse una persona nota in zona, ma nessuno degli intervistati ha affermato di conoscerlo, e qualcuno ignorava che nella giornata di ieri si fosse compiuto l’arresto.
“Ho letto la notizia ieri, e ho collegato a questo la presenza di alcune auto dei Carabinieri in zona ieri poco dopo pranzo, verso le 14. Alcuni avevano anche il passamontagna” ci spiega un passante. La stessa cosa viene confermata da un altro residente: “Non avevo mai visto questa persona, sono abbastanza sconvolto dal sapere che si trovava proprio qui vicino”.
Pasquale Bonavota, 49 anni, era inserito nell'elenco dei latitanti di massima pericolosità del "programma speciale di ricerca" del ministero dell'Interno.
Noto anche come boss bambino perché già a 16 anni, per fronteggiare la faida che stava duramente colpendo la sua famiglia, girava armato di pistola proclamando vendette contro i rivali.
Gli interessi del boss si erano concentrati in Piemonte, tra Moncalieri e Carmagola, dove, tra il 2015 e il 2016, Bonavota era stato assunto fittiziamente in una ditta della provincia di Torino, intestata a sua volta a un prestanome delle cosche.
Dopo aver arrestato l’uomo in Cattedrale “Da solo, in raccoglimento, nulla ci fa pensare che dovesse incontrare qualcuno o fare altro rispetto a quello che lo abbiamo visto fare”, come ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri di Genova Gerardo Petitto, i carabinieri si sono recati nel quartiere di San Teodoro, dove hanno trovato 20 mila euro in contanti, alcuni cellulari e altre carte d'identità false, tutte però intestate a persone esistenti.
Che Bonavota avesse legami con la Liguria era noto dall'indagine 'Rinascita Scott' del 2019 condotta dalla procura di Catanzaro, che aveva portato all'arresto di 334 persone, alcuni dei quali avvenuti proprio a Genova.
“Non è un viso familiare, ma qui passano tante persone, può anche darsi che sia entrato in negozio qualche volta” è il commento di un barista della zona. Proprio accanto al portone del palazzo in cui il boss abitava, c'è il salone di una parrucchiera che afferma di non sapere nulla della vicenda e di non averlo mai visto prima.
Un altro indizio sulla presenza del boss a Genova era il fatto che la moglie vivesse e lavorasse a Genova, nel quartiere di Sampierdarena.Apparentemente i due non avevano rapporti, ma agli inquirenti è sembrato subito strano. La moglie, secondo quanto emerge, è un'insegnante che lavora in una scuola a Genova, la sua posizione è al vaglio degli inquirenti.
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