Sono finiti in manette (e gli sono stati sequestrati beni per 400mila euro) i componenti della cosiddetta "Banda delle monetine". Si tratta di un'organizzazione che colpiva a Torino e nella vicina val di Susa, mettendo nel mirino soprattutto donne e anziani che parcheggiavano l'automobile nei pressi dei supermercati o dei cimiteri.
Sono otto le persone finite nei guai: tutti di origine peruviana, due sono finiti in carcere, uno ai domiciliari, mentre cinque dovranno rispettare gli obblighi di presentazione alle forze dell'ordine. A loro carico, un'insieme corposo di prove che li vedono protagonisti di operazioni come furto aggravato, ricettazione e utilizzo fraudolento di carte di pagamento.
Tutto è iniziato nel settembre del 2021, quando i furti con il trucco delle "monetine" si sono moltiplicati in maniera così rapida da far pensare che dietro ci fosse sempre la stessa mano e la stessa modalità di comportamento.
In particolare le vittime, quasi sempre donne sole e molto anziane (anche con più di 80 anni), venivano avvicinate nei pressi di supermercati e cimiteri e poi derubate delle proprie borse, dopo essere state distratte dal lancio a terra di alcune “monetine”, appunto.
Una volta prese le borse, il gruppo sarebbe riuscito a recuperare dai portafogli e dai cellulari delle vittime i bancomat con i relativi codici di accesso, prelevando nei minuti successivi migliaia di euro dai loro conti correnti o comprando beni nei negozi delle grandi firme.
Nel corso dell’indagine, che ha raccolto elementi accusatori per 80 colpi, sono stati già eseguiti 10 arresti in flagranza di reato, 3 ordinanze di custodia cautelare, 1 provvedimento di cattura internazionale emesso dall’Autorità Giudiziaria peruviana a carico di un cittadino sudamericano, ricercato per rapina a mano armata e sequestro di 25 persone, nonché 2 fermi per ricettazione. Sono stati inoltre sequestrati beni per un valore di circa 300.000 euro, oltre a 100.000 euro in contanti, in gran parte nascosti nelle abitazioni di alcuni ignari anziani ad opera, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, di alcune “badanti” che li usavano come custodi involontari del bottino.
Il procedimento penale si trova attualmente nella fase delle indagini preliminari, pertanto vige la presunzione di non colpevolezza degli indagati, sino alla sentenza di condanna definitiva.
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