Il cinque agosto del 1944 furono cinque i partigiani uccisi e impiccati come monito a Villar Pellice: uno fu Willy Jervis, di tre non si conosce l’identità. L’ultimo, Angiolino Primela Miero, fu riconosciuto due anni dopo, grazie al rattoppo su una delle sue scarpe: Federico Jahier racconta la sua storia e quella della sua famiglia nel suo ultimo romanzo edito da Graphot, ‘Le Scarpe di Angiolino – storia di un partigiano scomparso tra la Val Susa e la Val Pellice’, che sarà presentato domani, venerdì 21 aprile, al tempio valdese di Pinerolo.
La stesura del libro parte da un racconto famigliare: “La mia famiglia abitava sulla piazza centrale di Villar Pellice, dove i cinque vennero impiccati – racconta Jahier –: mio padre, all’epoca tredicenne, fu uno dei primi a vederli. Mio nonno invece era pastore, e celebrò insieme al parroco cattolico il loro funerale”. Primela Miero, non ancora ventenne, era già capo-distaccamento, e viene descritto come estremamente forte e capace; il 22 giugno del ’44 viene arrestato a Coldimosso, e trasportato a Torino, dove prima di essere rinchiuso alle Nuove viene torturato all’Albergo Nazionale, sede della Gestapo. La famiglia cerca di contattarlo in ogni modo, con la sorella che pedala fino alla Nuove dalla Val Susa ogni giorno per ottenere notizie. Un giorno viene comunicato loro il trasferimento in Germania, mentre in realtà viene fucilato a Villar Pellice.
“Ho avuto l’occasione di conoscere una delle sorelle, Cesira, che ricorda ancora tutto perfettamente – spiega Jahier –. Con la Liberazione, la famiglia ha cercato Angiolino o almeno sue notizie incessantemente, senza mai perdere la speranza. Nel ’46 giunge la notizia di un partigiano della Val Susa fucilato qui: il fratello si precipita e lo fa disseppellire, riuscendo a riconoscerlo grazie alle scarpe, che il padre gli aveva rattoppato prima che partisse”. La voce di Jahier si spezza ricordando questa vicenda: “Non posso fare a meno di commuovermi ogni volta che la racconto. Da quello che ormai era uno scheletro, hanno potuto ricostruire i suoi ultimi attimi, dove ha tentato di scappare, ma rompendosi le gambe è stato mitragliato: attimi di un ragazzo coraggioso, che non ha mai perso la voglia di lottare”.
La forma scelta per riportare la storia della famiglia Primela Miero è quella del romanzo. “È quella che mi è più congeniale, e che più amo – ammette Jahier, alla sua quarta opera –. Inoltre, sono tanti i saggi e le ricerche storiche pubblicate, ma è grazie al romanzo che si può arrivare a tutti. Ho saputo di scuole che l’hanno letto e messo in scena, e studenti insospettabili che hanno lavorato con passione e profondo rispetto per la storia. Tutto ciò che ho inventato, come i dialoghi, è verosimile: la prima lettrice è stata Cesira, e solo con la sua approvazione l’ho pubblicato”.
La presentazione, organizzata dall’associazione culturale valdese Ettore Serafino in collaborazione con la libreria Volare, alle 17 al tempio valdese di via dei Mille 1, vedrà la partecipazione dell’autore, dei nipoti di Angiolino Laura Bellet e Alessandro Favro, e degli esperti di Resistenza Andrea Geymet e Fofo Serafino. Durante la presentazione ci saranno letture, performance e proiezioni di immagini: “In tutte le presentazioni leggiamo l’ultima, bellissima lettera che Angiolino ha spedito alla famiglia: la lettera di un ragazzo dalla grande maturità, mai retorico ma lucido, determinato e convinto di ogni sua azione” conclude Jahier.
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