È proseguito davanti al tribunale di Cuneo il procedimento instaurato per far luce sulle eventuali responsabilità penali relative alla morte di Danilo Dalmasso, operaio 42enne, che perse la vita in un tragico incidente sul lavoro verificatosi presso lo stabilimento Sibelco di Robilante. Era il due marzo 2019.
Dalmasso, ai comandi di una pala meccanica, stava prelevando silicio da un cumulo piramidale di circa 30metri per conto dell’azienda per cui lavorava, la Dovero Scavi di Borgo San Dalmazzo. Quest’ultima operava nel piazzale come appaltante della Sibelco, occupandosi di prelevare materiale e detriti dal cosiddetto ‘cumulo invernale’. Dalmasso morì travolto da una frana di materiale.
La Procura, rappresentata dal sostituto procuratore Attilio Offman, sostiene l’accusa di omicidio colposo a carico dei titolari delle due ditte F.S. e E.D. e insieme a loro W.C., dipendente della Sibelco con la mansione di ‘capo piazzale’. La famiglia della vittima, già stata risarcita, non si è costituita parte civile. (LEGGI QUI)
Nel corso dell’ultima udienza, celebratasi stamane, sono stati ascoltati i consulenti nominati dal pubblico ministero e dalle difese degli imputati che hanno illustrato le loro consulenze tecniche.
Il primo ad essere interrogato è stato il dott. Fabio Oggeri, nominato dalla pubblica accusa. Secondo l’esperto, il cumulo su cui Dalmasso stava lavorando sarebbe stato troppo alto e scosceso e questo, ne avrebbe determinato la frana. “Il collasso di materiale è prevedibile come fenomenologia ma non come istante - ha illustrato il consulente -. Più aumenta la scarpata maggiore è la possibilità di crollo. Il distacco di materiale si è verificato a causa id alcuni elementi concomitanti: le caratteristiche del materiale e la conformazione del cumulo che aveva un’inclinazione superiore all’angolo di riposo”.
Alla domanda del pubblico ministero su quali misure di prevenzione si sarebbero potute adottare, oltre al mantenimento del fronte lineare e al lavoro in orizzontale, il consulente ha risposto che si sarebbe potuto “scapitozzare con un escavatore a lungo braccio il crinale a mano a mano che il cumulo si fosse formato, realizzare un accesso laterale o ricorrere alla benna in addossamento”.
Quanto al documento della valutazione del rischio, sarebbe sì stato segnalato il pericolo di scarpate pendenti, ma non sarebbero state proposte delle soluzioni: “Sul documento c’era scritto di rispettare l’angolo di 'naturale declivio’ -ha concluso il testimone -. Uno scoscendimento però può capitare, e non è affrontabile con procedure ordinarie. Si sarebbe dovuto andare a lavorare sulla gestione del cumulo con altre tecniche, oppure avere uno spazio maggiore per gestire il cumulo e averlo più basso”.
Dopo il consulente del p.m. è stata la volta del professore Mario Manassero, nominato dalla difesa della ditta Sibelco. Secondo l’esperto, l’operaio, avanzando con la pala e prelevando materiale con la benna dal cumulo, avrebbe creato delle nicchie che a loro volta avrebbero causato la frana del materiale. Si sarebbe dunque trattato di un errore umano: “Si è verificato una traslazione del mezzo dovuto all’impatto e alla forza del materiale che è franato – ha illustrato il consulente -. Il materiale deve essere spostato facendolo franare. Man mano che ci si avvicina alla cima, nel quinto e nel sesto avanzamento non si è più trovato un equilibrio. Data la posizione della pala si dovrebbe pensare che l’avanzamento dell’operatore è stato di circa sei metri dalla posizione di ritrovamento. Il crollo è avvenuto quando questa ‘nicchia’ di scavo si avvicinava a interessare il terreno già sottoposto a tensioni tangenziali”.
Quanto alla valutazione del rischio, nel documento, se pur in modo semplice, “era scritto chiaramente che lo scavo non doveva essere approfondito oltra misura localmente e svilupparsi in posizione lineare” ha concluso il testimone.
Ad associarsi alla tesi del consulente Manassero anche professore Marco Barla per la ditta Dovero, secondo cui l’altezza del cumulo sarebbe stata influente circa il tragico epilogo dell’incidente, in quanto l’operaio, con la pala, avrebbe avanzato troppo. Nel corso della spiegazione, il consulente si è altresì soffermato circa l’idoneità dell’escavatore utilizzato per effettuare il lavoro di prelievo, ‘Volvo 220 E’ in quanto consentiva una manovra più agevole tra il cumulo invernale a le bocchette di sversamento. Anche i pneumatici della pala erano perfettamente ingranati al materiale sottostante.
Il 12 settembre, la discussione del procedimento.
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