Il Nazionale

Cronaca | 17 novembre 2022, 07:11

Incendia la pizzeria 'I nomadi 2' di Pontedassio per incassare l'assicurazione, il giudice: "Pinna era il gestore di fatto e i debiti sono il movente"

Depositate le motivazioni della sentenza con cui sono stati inflitti all'imputato, 2 anni e 4 mesi di carcere. Il rogo, avvenuto nel febbraio 2018, oltre a distruggere il locale e il dehors danneggiò l'intera palazzina. Il legale Lombardi ricorre in Appello

Incendia la pizzeria 'I nomadi 2' di Pontedassio per incassare l'assicurazione, il giudice: "Pinna era il gestore di fatto e i debiti sono il movente"

“Il complesso degli elementi rappresentato dalla natura dell’incendio, dalla acclarata presenza del Pinna al momento del manifestarsi dell’incendio a Pontedassio e nelle vicinanze della pizzeria, dalla presenza di un movente di natura economica per dare alle fiamme il locale, dall’inverosimiglianza delle dichiarazioni rese dall’imputato in sede di esame ed infine dall’assenza di elementi idonei a ritenere che altri potessero essere interessati a compiere gesti intimidatori nei confronti dell’imputato o della proprietaria, rappresentano elementi indiziari, chiari, precisi e concordanti che consentono di attribuire, al di là di ogni ragionevole dubbio, le condotte contestate all’imputato non essendo emersa alcuna versione alternativa credibile idonea a mettere anche solo in dubbio quanto prospettato dalla pubblica accusa”: a scriverlo nelle motivazioni della sentenza è il giudice monocratico di Imperia, Antonio Romano, che il 20 giugno scorso ha condannato a 2 anni e 4 mesi di carcere il 54enne Vincenzo Pinna.

L’uomo, difeso dall’avvocato Sandro Lombardi, all’esito del giudizio di primo grado è stato ritenuto responsabile di aver incendiato la pizzeria ‘I Nomadi 2’ di Pontedassio. Il rogo è avvenuto nella notte tra il 27 e il 28 febbraio del 2018. A causa del rogo che ha distrutto il dehors e il locale dove l’imputato lavorava come pizzaiolo, venne gravemente danneggiata anche l’intera palazzina.

All’imputato, riconosciuto colpevole anche per il reato di frode assicurativa, sono state concesse le attenuanti generiche e nel contempo, in attesa del processo civile, è stato condannato a risarcire la titolare del locale, rappresentata dal legale Tito Schivo, di una provvisionale di 2 mila e 500 euro. Sulla natura dolosa dell’incendio per il giudice non ci sono dubbi anche perché lo hanno attestato i vigili del fuoco, ma soprattutto il consulente di parte civile il quale ha evidenziato “con dovizia di particolari e assoluta precisione gli elementi trovati sul posto” e il tutto esclude l’incidente.

Il giudice ha accolto la ricostruzione effettuata dalla Polizia e il conseguente impianto accusatorio del pm Luca Scorza Azzarà il quale sin dalle indagini evidenzio come l’imputato sarebbe stato mosso da un movente economico e avrebbe dato alle fiamme il locale per incassare il premio assicurativo . L’imputato in precedenza gestiva la pizzeria e poi l’ha ceduto alla donna; successivamente è stato assunto dalla stessa. Agli inquirenti la titolare dirà, oltre che vi erano dei debiti con vari enti e con il proprietario dello stabile, “che la compagnia assicurativa era stata individuata dal Pinna e che vi erano state delle liti sulla gestione dell’attività con l’imputato, confermando che egli tendeva ad intromettersi”. Non era quindi un semplice dipendente, ma di fatto aveva interessi sull’eventuale risarcimento pagato dalla compagnia di assicurazione.

I debiti “rappresentano- chiosa il giudice, un adeguato movente per giustificare la condotta posta in essere e il fatto che ad averla attuata sia stato il Pinna non la formale intestataria della pizzeria non si pone in contraddizione con il quadro accusatorio in quanto dall’istruttoria è emersa quantomeno una compartecipazione del Pinna alla gestione (..) se non una vera e propria gestione di fatto da parte dello stesso”. A sostegno di questo assunto anche la circostanza che proprio il Pinna aveva a che fare con i fornitori delle merci e che, ne corso degli anni, “vi erano stati vari litigi fra il Pinna e la donna per il modo di gestire il locale in quanto l’imputato voleva avere il controllo della situazione”.

A gravare poi sulla posizione dell’imputato la ricostruzione fornita agli inquirenti, ritenuta palesemente falsa, in merito ai suoi movimenti durante la sera in cui si è sviluppato l'incendio fornita con lo scopo di precostituirsi un alibi. Ricostruzione poi smentita e rimodulata nel corso del processo che il giudice definirà senza mezzi termini ‘inverosimile’ in quanto “prima smentisce sé stesso sostenendo di non essersi più fermato presso il distributore di via Garessio a Imperia, ma di essersi fermato a quello della Bennet a Pontedassio dove avrebbe ricevuto la chiamata del figlio della titolare”, il quale lo avrebbe potuto notiziare solo del rogo. Su quest’ultimo aspetto il giudice nelle motivazioni evidenzia come “tale ricostruzione pecca fortemente di logica” e che quella notte l’imputato “non è transitato presso la rotonda che conduce all’autostrada” anche perché se veramente fosse stato lì, nonostante nessuna telecamera lo abbia ripreso, una volta giunto nei pressi della pizzeria- come dichiarato in seguito alla chiamata – "si sarebbe accorto delle fiamme e della presenza in strada di molte persone e dei vigili del fuoco”. L’imputato infatti, dichiarò di essere arrivato a Pontedassio e di non aver notato alcun incendio in quanto avrebbe ‘circumnavigato’ la pizzeria per recarsi prima presso un magazzino per depositare oggetti e poi per "andare alla ricerca della misteriosa ed enigmatica donna alle cui attenzioni era interessato in quel periodo" e solo in seguito aver saputo dell’incendio.

Anche se l’imputato e la titolare non  incasseranno un euro dall’assicurazione il giudice evidenzia come Pinna sia ugualmente responsabile anche della frode poiché siamo in presenza di un ‘dolo specifico’ in quanto vi è la consapevolezza “dell’esistenza di un valido contratto assicurativo” e l’obiettivo finale dell’azione era quello di “volere il conseguimento dell’indennizzo o di un altro vantaggio derivante dal contratto stesso”.

L'avvocato Lombardi, dopo aver analizzato le motivazioni del giudice Romano, è pronto a ricorrere in Appello e affrontare quindi il processo di secondo grado per ribaltare la condanna a 2 anni e 4 mesi di reclusione. 

 

Angela Panzera

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