Un difetto di notifica fa saltare la prima udienza dell’appello del processo Breakfast, procedimento nel quale è imputato tra gli altri il sindaco e presidente della Provincia di Imperia Claudio Scajola, che non era presente in aula.
Stamattina, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha preso atto del cambio di residenza dell’imputata Chiara Rizzo disponendo il rinvio della seduta al prossimo 14 dicembre. Anche se l’unico capo di imputazione contestato a Scajola, vale a dire la procurata inosservanza della pena, è già prescritto. Per gli altri imputati tranne la Rizzo, invece, lo stesso reato è aggravato dalle modalità mafiose, quindi, l’accusa resta in piedi.
L'ex ministro dell’Interno, il 24 gennaio del 2020, infatti, è stato condannato dal collegio del tribunale di Reggio Calabria a 2 anni di reclusione pena sospesa, perché riconosciuto colpevole del reato di procurata inosservanza della pena. Nello specifico, secondo la procura reggina, Scajola avrebbe aiutato l’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena, morto da latitante a Dubai il 16 settembre scorso, a sottrarsi all’arresto. Su Matacena pendeva una richiesta d’arresto per una sentenza definitiva a 3 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.
Il tribunale nella sentenza aveva escluso per l'ex ministro dell'Interno l’aggravante mafiosa, così come richiesto anche dal pubblico ministero Giuseppe Lombardo. Nonostante ciò, il pm aveva invocato per Scajola una condanna 4 anni e sei mesi di detenzione.
La Dda di Reggio Calabria aveva deciso di non appellare la condanna del primo cittadino imperiese, difeso dai legali Elisabetta Busuito e Patrizia Morello. Appello, invece, chiesto dai legali di Scajola. Nel processo sono coinvolti anche Chiara Rizzo, ex moglie di Matacena e condannata in primo grado a un anno per procurata inosservanza pena; Martino Politi e Mariagrazia Foridelisi, rispettivamente ex collaboratore ed ex segretaria dei coniugi. Entrambi sono stati assolti dall’accusa di intestazione fittizia di beni, aggravato dall’aver agevolato la ‘ndrangheta. Rizzo e Politi, difeso dagli avvocati Tonino Curatola e Corrado Politi, sono stati assolti dall’accusa di intestazione fittizia di beni, aggravato dall’aver agevolato la ‘ndrangheta. Per l’altra imputata, Maria Grazia Fiordalisi, difesa dal legale Cristina Dello Siesto, il tribunale aveva disposto l’assoluzione per il reato di procurata inosservanza della pena e la prescrizione per l’altro capo di accusa. Per la Rizzo il pm aveva richiesto una condanna a 11 anni e sei mesi di detenzione mentre era di 7 anni e sei mesi quella invocata per Politi e Fiordelisi. Come già accennato, in aula l’unico reato che è sfociato in condanne, ridimensionate di molto rispetto a quanto richiesto dall’Antimafia dello stretto, è quello della procurata inosservanza della pena.
Per i giudici Scajola e Rizzo aiutarono Matacena a sottrarsi alla giustizia italiana favorendo il suo spostamento dagli Emirati Arabi verso il Libano anche grazie all’imprenditore Vincenzo Speziali trait d’union con il Libano, grazie al suo rapporto con l’ex presidente Amin Gemayel. Un tentativo di fuga che non si concretizzerà mai, ma che è costato a Scajola prima l’arresto e poi la condanna in primo grado.
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