Katiuscia Ferrara è la migliore amica di Silvia Gaggini, la mamma del piccolo Daniele, ucciso dal padre e nascosto nell’armadio della casa di Morazzone il primo gennaio (leggi QUI). E’ lei che fin dalle prime ore dopo la tragedia è vicina a mamma Silvia, che con lei e Daniele aveva trascorso la notte di Capodanno e che poco fa ha rilasciato un’intervista esclusiva a “Pomeriggio Cinque”.
«Silvia è sconvolta. E’ un dolore inimmaginabile, una cosa che va contro natura», ha detto prima di ricostruire i giorni precedenti l’omicidio e il rapporto che Daniele aveva con il padre. «Daniele non era evidentemente a suo agio con il papà, ma non capivamo perché. Pur essendo un chiacchierone, quando si trattava di raccontare quello che accadeva quando stava con il padre si chiudeva in se stesso e diceva solo che era cattivo».
«Silvia lo sapeva, ma ha lasciato che si vedessero, forse per non ostacolare il rapporto padre-figlio in fase di separazione. Per me è stata fin troppo paziente». Le cose però sono cambiate dopo l’aggressione di Davide Paitoni ai danni di un collega, accaduta a novembre fuori dalla ditta di Azzate. «Noi sapevamo che aveva usato un taglierino. Solo ora abbiamo saputo si trattasse di un coltello a serramanico, che è molto diverso. In ogni caso Silvia dopo quell’episodio aveva deciso di tenere Daniele lontano dal padre. Lui però, pur essendo agli arresti domiciliari, aveva ottenuto il permesso di vedere il piccolo senza limiti di orario e tempo».
Silvia, che aveva già denunciato le aggressioni ai suoi danni da parte dell'ex marito, è riuscita a tenerli lontano solo per poche settimane. «Tre settimane in cui Daniele era tornato sereno. Dai nonni stava bene, divideva la stanza con la mamma ed era contento. La notte di Capodanno è venuto a casa mia e abbiamo fatto il karaoke e ha giocato con la Nintendo che il padre gli aveva regalato a Natale. Un gioco che gli piaceva moltissimo e che aveva ottenuto forse per quel meccanismo di competizione tra genitori separati: se uno ti da 10, l'altro ti deve dare 100».
Poi la visita al padre il giorno successivo e il tragico epilogo. «Ora ci facciamo tante domande, ma non ci stiamo a sentir parlare di infermità mentale. Era lucido ed ha architettato tutto. Anche la cocaina lasciata in auto fa pensare a qualcosa di programmato e poi ci sono i messaggi vocali mandati a Silvia mentre era già in fuga».
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