"Ferrero era il dominus" del sistema fraudolento che ha portato alla bancarotta di diverse società. Così il gip del tribunale di Paola, che ha firmato l’ordine di arresto del patron della Sampdoria, ha riassunto il ruolo di Ferrero nell’inchiesta eseguita questa mattina dalla guardia di finanza. Un compendio indiziario pesante, che consta di 38 capi di imputazione contestati vario titolo all’imprenditore romano (35 in totale per lui), Giorgio Ferrero, Vanessa Ferrero, Aniello Del Gatto, Giovanni Fanelli, Roberto Coppolone, Paolo Carini, Cesare Fazioli e Laura Sini.
L’arresto
I finanzieri di Cosenza hanno prelevato Massimo Ferrero in un hotel di Milano, dove probabilmente si era recato per seguire in prima persona le vicende calcistiche della sua squadra. Lì le Fiamme gialle gli hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
L’inchiesta
Gli accertamenti investigativi erano iniziati dopo il fallimento di alcune società che operavano in Calabria. Da questo momento in poi, la procura di Paola si è messa al lavoro esaminando una grande numero di atti e acquisendo documenti. Un’inchiesta che avrebbe portato gli investigatori a scoprire che Ferrero avrebbe posto in essere condotte illecite di natura finanziaria per trarre ingiusti profitti.
Secondo il giudice per le indagini preliminari calabrese, infatti, Ferrero "svolgendo l’attività propria e tipica di amministratore di fatto di tutte le società del gruppo, ha gestito illecitamente il patrimonio e le vicende societarie di tutte le società a lui riconducibili, solo formalmente amministrate da propri familiari e/o da soggetti di fiducia, con un unico disegno criminale finalizzato allo svuotamento deliberatamente programmato, degli assets, con conseguente successivo fallimento delle società".
"Dall’approfondita e complessa attività d’indagine – aggiunge il gip - svolta dalla guardia di finanza di Cosenza, emerge un quadro d’insieme particolarmente allarmante in relazione alle plurime e gravi condotte delittuose poste in essere dagli indagati tutti legati tra loro da vincoli di parentela e/o di amicizia e frequentazione".
L’informativa finale
Le indagini, proseguite per diverso tempo, giungono alla fine con l’informativa della Gdf cosentina del 2 luglio 2021. In quell’atto, gli investigatori delle Fiamme gialle hanno "ricostruito analiticamente – si legge nell’ordinanza - tutte le complesse operazioni di trasferimento e/o cessioni delle componenti attive delle società fallite in favore di altre società, appartenenti allo stesso 'gruppo Ferrero', le cui caratteristiche depongono univocamente per la fraudolenza delle stesse, in quanto, concretizzanti una vera e propria attività distrattiva volta a privare le società, poi fallite, delle proprie risorse patrimoniali, determinandone il conseguente stato di decozione, con pari vantaggio per altre società del gruppo, tra cui in primis 'Eleven Finance srl', società riconducibile sempre a Massimo Ferrero".
Le anomalie gestionali
All’informativa della finanza, infine, si aggiunge la perizia dei consulenti nominati dal pm, i dottori Francesco Baldassarre e Giulio D’Agostino, che avrebbero rilevato una serie di presunte criticità nella gestione aziendale della società riconducibile a Massimo Ferrero.
Dalle indagini risultano presenti presunte anomalie gestionali quali "la concessione di finanziamenti estranei all’oggetto sociale; la presenza di fonti di finanziamento onerose rappresentate da debiti verso banche eccessive rispetto al volume di attività della società, pari a 2,29 volte i ricavi e al 82,12% del valore delle attività; la presenza di oneri finanziari eccessivamente elevati rispetto ai volumi di attività, pari all’11,97% del fatturato; un rapporto di indebitamento elevatissimo".
Secondo i consulenti tecnici della procura di Paola, inoltre, "la concessione di finanziamento infruttiferi a terzi, in una misura pari al 74,14% degli impieghi aziendali, rappresenta, senza alcun dubbio, un’operazione estranea all’oggetto sociale posta in essere dagli amministratori in violazione dello statuto e intrinsecamente pericolosa per la salute economica e finanziaria della società".
Situazione compromessa già nel 2009
L’inchiesta come detto è stata chiusa solo nello scorso luglio, ma secondo i finanzieri la situazione finanziaria era già ampiamente compromessa nel 2009, in quanto la società di Ferrero "non produceva flussi finanziari".
Un disastro che non avrebbe fermato l’imprenditore romano. Ferrero, infatti, nel 2009, avrebbe firmato un contratto preliminare per l’acquisto di vari immobili per "15 sale cinematografiche appartenute a Vittorio Cecchi Gori per un investimento previsto pari a 58.500 euro, impegnandosi, pertanto, ad investire una somma pari ad euro 19.500 euro senza averne la disponibilità".
Contratto poi risolto il 30 settembre del 2013 e in questa occasione «la caparra di 10.800 euro sarebbe stata restituita alla sola “Mediaport Cinema srl”».
A capo di questo sistema fraudolento, per il gip, ci sarebbe stato proprio Ferrero, "deus ex machina…regista unico" che "ha, di fatto, sempre fornito direttive e impartito disposizioni in merito alla gestione delle società medesime".
Il testimone
L’impostazione accusatoria, avvalorata dal gip Rosamaria Mesiti nella sua ordinanza, trova riscontro nelle dichiarazioni rese agli investigatori dal titolare di una società finanziaria, a conoscenza delle difficoltà finanziarie di Massimo Ferrero. "Si presentò – afferma il testimone ai pm di Paola – al fine di fare un’offerta per l’acquisizione delle sale cinematografiche della società di Cecchi Gori su input del tribunale di Roma". Questo passaggio, insieme ad altre dichiarazioni, convincono inquirenti e investigatori "del ruolo apicale di Massimo Ferrero: un 'dominus' nella gestione delle società".
La distruzione dei documenti
Per occultare le tracce, in un caso spiega il gip, Massimo Ferrero in qualità di amministratore di fatto della 'Ellemme Group spa' e Vanessa Ferrero, quale amministratore unico della medesima società, insieme ad Aniello Del Gatto, in veste di liquidatore della società, dal 23 dicembre del 2012, avrebbero sottratto e distrutto 'in tutto o in parte… i libri o le altre scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari'.
Secondo la ricostruzione della procura di Paola, infatti, il 13 febbraio del 2014, "veniva denunciato il furto di un’auto, Audi S8, all’interno della quale vi era custodita una borsa in pelle contenente, tra le altre, tutta la documentazione contabile – libro giornale, registri Iva, libro inventari, verbali di assemblea, libro cespiti e registro verbali Cda della società Ellemme Group spa". Per gli inquirenti cosentini, i fatti sono riconducibili al giorno in cui è stata emessa la sentenza dichiarativa di fallimento.
Cronaca | 06 dicembre 2021, 20:37
"Ferrero era il dominus del sistema fraudolento", ecco le carte dell'inchiesta che ha portato all'arresto del patron della Sampdoria
L'imprenditore, per far sparire alcuni documenti societari avrebbe simulato il furto di un'auto, con all'interno una borsa in pelle contenente i libri contabili
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