Il Nazionale

Cronaca | 04 novembre 2021, 09:56

Traffico illecito di cuccioli di cane dall'Ungheria, due allevatori a processo

Gli acquirenti individuati dalla Procura sono circa 166, uno di loro: "Il mio veterinario disse che avevamo compiuto un atto d'amore a portare via il cucciolo da quell'allevamento, lui lo conosceva"

Traffico illecito di cuccioli di cane dall'Ungheria, due allevatori a processo

È proseguito al Tribunale di Cuneo il procedimento relativo all’operazione “Nero Wolf” che trae le sue origini nel 2016.

Gli inquirenti avevano ricevuto alcune segnalazioni da parte di tre cittadine che l’anno precedente avevano acquistato presso un allevamento alle porte di Cuneo, intestato a P.D. (titolare formale) un cane ciascuno di razza Cavalier-King.

Le donne una volta fornito i documenti, tra cui le schede di identificazione dell’animale, si erano rivolte alle autorità in quanto i cuccioli presentavano dei problemi di salute.

Le schede si suddividono in due sezioni: nella prima il proprietario dichiara la nascita del canee richiede la sua identificazione con il microchip, nella seconda invece c’è l’anamnesi dell’animale, firmata dal veterinario che ne indica le caratteristiche.

In questo caso, i cani acquistati sarebbero risultati essere nati presso l’abitazione delle donne acquirenti: dunque, non vi sarebbe stata alcuna menzione dell’allevamento intestato a P.D. e sarebbe mancata la dichiarazione di passaggio di proprietà tra venditore e compratore.

Imputati nel procedimento due allevatori, C.B. uomo cuneese e D.M, presunto trafficante goriziano residente in Ungheria.

Il capo di imputazione prevede che entrambi rispondano dell’accusa di  traffico illecito di animali da compagnia e che solo C.B. sia imputato di riciclaggio, frode edesercizio illecito di una professione.

Secondo le ricostruzioni i cuccioli sarebbero stati prelevati  dall’Est Europa e attraverso l’intermediazione di D.M., titolare di un allevamento in Ungheria,sarebbero stati condotti clandestinamente in Italia da C.B., e qui messi sul mercato a prezzi irrisori.

Le vere origini dei cuccioli sarebbero state omesse attraverso la falsificazione di documenti. Molti animali si ammalavano o morivano durante il viaggio a causa delle condizioni di trasporto e dai pochi giorni di vita di alcuni.

Le schede identificative venivano compilate da S.B., una veterinaria cuneese che, accusata dell’esercizio abusivo della professione, in fase preliminare, aveva chiesto il patteggiamento della pena definendo così la sua posizione.

C.B., inoltre, si sarebbe recato più volte nello studio veterinario cuneese: “Prendeva i microchip e li pagava in contanti” aveva riferito una testimone. L’allevatore avrebbe anche fornito alla veterinaria una serie di schede anagrafiche: durante la perquisizione a carico di S.B. ne erano emerse 187, già compilate e corrispondenti ai cuccioli.

Sono circa 166 gli acquirenti che nel 2015 acquistarono un cagnolino, su una piattaforma di acquisiti online. La Procura ascolterà le testimonianze di 42 di loro. "Avevo comprato un Bulldog francese. Avevo pagato in contanti senza fattura -ha raccontato uno dei compratori-. Ho ricevuto le schede con microchip ma non quella anagrafica. Ho messo la mia firma su una scheda in bianco. Il cane sta bene. Il mio veterinario ci disse cheavevamo fatto un atto d’amore a portarlo via da quell’allevamento, lui lo conosceva."

A testimoniare, un uomo monregalese che aveva acquistato un Cavalier-King: “Avevo parlato con C.B., il proprietario dell’allevamento. La prima volta che sono andato da lui, mi ha aveva fatto vedere tre cuccioli. Io ne scelsi uno, ma non potevo ancora prenderlo perché era troppo piccolo. Ho dovuto aspettare. Avevo chiesto a C.B. qualche informazione sui genitori dell’animale e lui mi rispose che aveva solo il padre, ma io non l’ho mai visto. Ho pagato il cagnolino, che era sano, 500 euro. La fattura del microchip non l’ho mai vista. Sapevo il nome di C.B. perché era scritto su uno dei documenti che mi ha dato.”

“Dalle perquisizioni effettuate a casa di C.B -aveva riferito un inquirente- siamo riusciti a risalire alla libera professionista che compilava le schede identificatrici dei cuccioli che in un secondo tempo venivano consegnate agli acquirenti.

Abbiamo trovato anche numerose schede in bianco dove compariva solo la firma e il timbro della veterinaria, una busta con del denaro su cui c’era scritto ‘acconto Basset Hound’, numerose schede telefoniche ungheresi e un passaporto canino falso.

Inoltre, sono state reperite confezioni di microchip, siringhe vuote, bisturi e forbici chirurgiche e vari farmaci: attraverso le intercettazioni telefoniche infatti siamo riusciti a comprendere che C.B. nello stesso giorno in cui si recava in Ungheria per prelevare i cuccioli, inseriva loro personalmente il microchip”.

L’udienza è stata rinviata al 31 gennaio.

CharB.

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