Il Nazionale

Cronaca | 12 agosto 2021, 20:15

Sanremo: il racconto del Covid in prima persona, l'ex Assessore Marco Lupi "Mi sono sentito solo, sospeso sopra l'abisso"

L'imprenditore matuziano ci ha parlato della sua esperienza: "Non sono un 'no vax' ma non ho fatto il vaccino perché sono allergico ad alcuni farmaci importanti e, per questo, sono anche stato in coma da giovane"

Sanremo: il racconto del Covid in prima persona, l'ex Assessore Marco Lupi "Mi sono sentito solo, sospeso sopra l'abisso"

Ho fatto il Covid e ve lo racconto, sperando che possa essere d’aiuto per gli altri”. Sono le parole di Marco Lupi, imprenditore ed ex Assessore a Sanremo, che ci racconta la sua esperienza con il Coronavirus. Lo ha fatto in maniera dettagliata, ma senza porsi dalla parte di chi è a favore o contro ii vaccino.

“Io non sono ‘no vax’ – ci ha detto - e nella vita ho fatto sicuramente più vaccini di quanti probabilmente ne abbia fatto la maggior parte della gente comune. Per ragioni di lavoro mi sono recato in Africa e quindi ho dovuto preventivamente fare alcuni di questi molto importanti come ad esempio, il vaccino della 'Febbre Gialla', oppure l'esavalente meningococco contro diverse forme di meningite, vaccino antitifico e quello antirabbico ed altri ancora, per malattie di cui non ricordo neppure il nome. Ma ho un problema: sono allergico ad alcuni farmaci importanti e per questa ragione da ragazzo, a causa di una reazione, sono entrato in coma. Inoltre, in più di una occasione, anche negli ultimi anni, ho dovuto correre all'ospedale a farmi somministrare del cortisone per altre reazioni avverse violente. Situazione, più o meno analoga per mia moglie. Ecco perché, quando ci siamo posti il problema se fare questo vaccino sperimentale oppure no, abbiamo soppesato con molta attenzione i pro e i contro (avendo anche due figli) e alla fine abbiamo deciso di non farlo confidando nelle eventuali cure e nella statistica”.

“Il 95% circa, di chi prende il Covid – prosegue Marco Lupi - si dice resti totalmente asintomatico (i miei figli infatti, lo hanno preso senza nessun tipo di disturbo) e del 5% che rimane, il 3% fa una semplice influenza con un po' di febbre e pochi altri disturbi (mia moglie, 37.5 di febbre un paio di giorni e un’ po di stanchezza) mentre solo il 2% finisce all'Ospedale. io mi sono detto: ‘beh, certo, bisognerebbe avere una bella sfiga se…’.

La malattia è partita di colpo: “Intorno alle due di notte ho sentito una vampata di calore che mi ha portato in bagno a vomitare. La febbre è salita subito a 38.5, ho preso una Tachipirina e 20 minuti dopo era scesa solo a 38. La mattina dopo ho fatto il tampone rapido… negativo (secondo me non serve a nulla). Seconda notte, la febbre è salita a 39,6. Tachipirina e febbre che scende solo a 39. Dolori tipici febbrili. A quel punto, alla mattina successiva, faccio il tampone, quello serio e scopro di essere positivo. Ultima notte, la più lunga e l’ultima a casa: mi sveglio di colpo alle 4, sento un calore violento che divampa e attraversa tutto il corpo, dalla testa alle gambe, mi sento distrutto, mi misuro la febbre, 39,6, ennesima Tachipirina (che so, non servirà a farla scendere) ormai ho la sensazione che la situazione sia fuori controllo. A questo punto mi capita una cosa strana... è come se con la mia mente entrassi dentro il mio corpo e lì, percepissi questa presenza estranea e potente dentro di me che mi sta consumando. Io e questo strano ospite, stavamo lottando, ma per la prima volta in tutta la mia vita non avevo la sicurezza della vittoria finale, anzi, sentendo i tremori che provavo in tutto il corpo e sapendo che la febbre mi stava divorando, la mia mente ha vacillato e ho pensato che, non solo l'esito non era scontato, ma che addirittura, probabilmente, lui fosse in vantaggio su di me”.

Arrivo all’ospedale: “ecco, qui inizia la parte importante del Covid, la tempistica. La Tachipirina e la vigile attesa sono un belinata. Quello che bisogna capire al più presto è che non sia partita la polmonite bilaterale (come nel mio caso) e lo si capisce solo facendo una Tac. Ovvio, se hai una semplice febbriciattola non hai certo la polmonite, ma quando raggiungi 38/39 di febbre... non resterei in vigile attesa”.

La cura: “L'ospedale di Sanremo ha uno Staff fantastico di medici ed infermieri (oltreché ausiliari) che hanno acquisito una esperienza enorme in questi due anni di Covid e oggi sono una eccellenza in questo campo in Liguria e non solo. Se presa in tempo, la terapia consiste in un antivirale di 5 giorni ma bisogna assumerlo entro 9 giorni dall'inizio della polmonite, se no, diventa inutile e bisogna passare ad altro. Ancora una volta quindi, la tempistica, per capire cosa si ha, vale più di qualunque altra cosa. Dopo 5 giorni mi hanno dimesso, ma purtroppo dopo 48 ore i valori sono nuovamente crollati e sono dovuto tornare in ospedale per un ulteriore ricovero di altri 5 giorni, questa volta con potenti antibiotici che al Covid non fanno assolutamente nulla (perché non si cura con l'antibiotico) ma impedivano ulteriori eventuali complicazioni”.

Aspetto psicologico: “Se dovessi definire con una sola parola la sensazione più forte che ho provato in quelle notti, sarebbe: solitudine. Una assoluta, totale e devastante solitudine, ti trovi sospeso sopra l'abisso... e in quel momento ho pensato a quanti ci hanno lasciato in quel modo... impressionante...devastante”.

Conclusioni: “Oggi sono a casa da una settimana, dove sto terminando le cure di cortisone e cocktail di farmaci, ma sta andando tutto al meglio. Le cure ci sono e se prese in tempo si guarisce. Ma la malattia lascia comunque uno strascico che si chiama ‘Long Covid’ (profonda stanchezza) e poi c'è la parte psicologica che ha bisogno di tempo. E tutto, ovviamente, varia da soggetto a soggetto. Ecco, questo è quello che mi è successo e ho sentito il dovere di scrivervelo così da rendevi partecipi di questa mia esperienza che penso possa essere magari di aiuto a qualcuno per intervenire rapidamente qualora mai dovesse capitare”.

Carlo Alessi

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