Lo schermo incerto della videochiamata internazionale per prima cosa ha restituito l’immagine di una medaglia. Chissenefrega che secoli e secoli di pensiero filosofico ci abbiano suggerito che le cose materiali sono effimere: in questo caso la sostanza pesa, eccome se pesa.
Poi, da Tokyo, dalla bocca di colui che aveva vinto poche ore prima il bronzo ai XXXII Giochi Olimpici, sono arrivate solo tre parole, dirette ai genitori e al fratello che lo guardavano commossi da 9000 chilometri di distanza: «Ce l’ho fatta».
Ce l’ha fatta lui, Nicolò Martinenghi (leggi qui). Ce l’ha fatta un territorio che per lui ha trepidato e che del suo nome - non da oggi - si fregia orgoglioso (leggi qui e qui). E ce l’hanno fatta coloro che gli vogliono bene, la sua famiglia, i suoi amici, quelli che con il loro affetto e con la loro vicinanza sanno apporre una potenza alla gioia ottenuta per un risultato sportivo così grande.
A raccontarla, questa gioia già immensa di suo, è Jacopo Martinenghi, il fratello maggiore dell’olimpionico. A dividerlo da Nicolò 22 mesi di età, ma non certo il nuoto: Jacopo è allenatore alla New Swim di Castiglione Olona. E sa cosa significa autenticamente ciò che chi ha il suo stesso sangue oggi ha compiuto: «Quello di Nicolò è stato un exploit progressivo, a partire dalle batterie - spiega - È vero che il suo tempo non è sceso di gara in gara, ma è stato comunque programmato, pensato: fin dalle eliminatorie ha avuto un buon controllo e non ha bruciato troppe energie, per poi arrivare alla finale e dare tutto. Lui ha un grande vantaggio, il tuffo, nel quale riesce sempre a prendere tanti metri e a uscire quasi davanti. Poi sa fare la differenza negli ultimi 15 metri, ha una chiusura formidabile: è sempre stato così, fin da quando ha iniziato».
Nel modo descritto è arrivata anche la strepitosa medaglia odierna. Vietato parlare di un alloro inaspettato, perché non è così: «Se me l’aspettavo? Sinceramente sì - continua Jacopo - Perché so che quando mio fratello si mette in testa una cosa, è difficile che non la centri. Nelle ultime due stagioni, poi, ha preso sempre più consapevolezza di quello che è, come atleta e come persona. Questa medaglia è il risultato di un lungo cammino»
Il racconto della gara vissuta con gli occhi di Jacopo è emozione nell’emozione: «Ho puntato la sveglia e mi sono preparato. Finché non l’ho visto salire sul blocco ero anche abbastanza tranquillo, poi, quando ci è salito davvero, il cuore ha iniziato a esplodere e al via sono rimasto impalato per tutta la gara. Alla fine, ovviamente, qualche lacrima è scesa».
Le stesse che forse hanno velato anche il cuore di Pietro Borghi, amico sia di Jacopo che di Nicolò, un altro che non solo ha puntato la sveglia alle 4 questa mattina, ma che può capire cosa significhi fare sacrifici per lo sport, visto che è giocatore di hockey, attaccante dei Mastini. Una storia di amicizia dentro questa storia di festeggiamenti: «Conosco Nicolò da quando avevamo 15 anni, grazie al tramite di Jacopo - ci spiega Pietro - Abbiamo fatto un periodo a uscire molto spesso insieme, poi i suoi impegni agonistici hanno diradato le uscite ma non la voglia di sentirci. Anzi, i suoi grandi risultati sono sempre una molla per farlo: ogni volta che vince o fa un record, e ormai succede molto spesso, non posso non congratularmi con lui».
«È bellissimo - prosegue Pietro pensando al traguardo raggiunto oggi da Martinenghi - vedere un tuo amico che con impegno, attitudine e duro lavoro riesce a raggiungere dei risultati del genere. Per me, a livello sportivo, Niccolò è uno degli esempi più belli che si possono avere. Sono sempre più orgoglioso di lui, è un modello: lo reputo uno dei migliori».
Anche Pietro sapeva che Nicolò avrebbe avuto la possibilità di accedere alla gloria, ma allo stesso tempo era consapevole che non sarebbe stato semplice: «Ho sempre pensato che fosse fortissimo e che sarebbe arrivato alle Olimpiadi: nessun dubbio su questo. Allo stesso modo credevo nella finale. Guardando i tempi degli altri centometristi, tuttavia, ho capito che piazzarsi nei primi tre sarebbe stata comunque un’impresa. E infatti il bronzo conquistato da Nicolò vale addirittura di più e gliel’ho scritto stamattina: Adam Peaty (il britannico che ha vinto l’oro ndr) era imprendibile».
Torniamo da Jacopo Martinenghi, per una battuta finale. E per renderci conto che, a brillare ancora di più delle medaglie e della gioia, c’è forse l’esempio. Un allenatore di ragazzi come il fratello di Nicolò, nuova stella del nuoto mondiale, non ha dubbi: «In questo sport, già a 11-13 anni, ma a volte anche prima, si richiedono sacrifici molto grandi: bisogna essere preparati a quello che c’è dopo. Io, ai miei ragazzi, porto allora l’esempio di Nicolò, che loro vedono come qualcosa di inarrivabile. La realtà, e lui lo dimostra, è che con l’impegno non c’è nulla di inarrivabile».
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