La sindaca Chiara Appendino ha compiuto scelte “frutto di un approccio frettoloso, imprudente e negligente, trascurando di assicurare il dovuto rilievo anche nella fase di formazione della decisione agli aspetti connessi alla sicurezza”. Così il giudice Maria Francesca Abenavoli nelle motivazioni della sentenza che, lo scorso gennaio, ha condannato a 1 anno e 6 mesi la sindaca di Torino, in relazione agli incidenti avvenuti in piazza San Carlo nel giugno 2017, quando durante la proiezione della finale di Champions League tra Juve e Real si scatenò il panico tra la folla. A seguito di quegli incidenti persero la vita due donne, Erika Pioletti e Marisa Amato, e rimasero ferite oltre 1.500 persone.
Compiti che spettavano alla sindaca
“In altri termini - scrive il giudice riferendosi sempre ad Appendino - non ha curato il bilanciamento anche di tale interesse, quello di assicurare la pubblica incolumità, che era di rango certamente superiore al legittimo interesse dei tifosi della Juventus di condividere la visione della finale di Champions League. Peraltro era preciso compito della sindaca preservare la tutela dell’integrità fisica delle persone rispetto a tale evento”.
E ancora: “La sindaca, decidendo di proiettare in piazza San Carlo la finale di Champions League, ha chiesto all’amministrazione e all’organizzatore di operare in condizioni la cui criticità era evidente, disinteressandosi poi di tutti gli aspetti operativi”.
Pochi quattro giorni per l'organizzazione
Per Abenavoli “Appendino designa per l’organizzazione dell’evento Turismo Torino e Provincia, ente strumentale della Città, che agiva in nome e per conto della stessa, omettendo di considerare che il tempo a disposizione per organizzare la manifestazione, di soli quattro giorni, non avrebbe consentito un’organizzazione meditata, completa ed efficiente, particolarmente sotto il profilo della sicurezza per la incolumità pubblica”.
Dovevano essere messe in campo misure idonee a garantire la sicurezza
“L’evento era prevedibile e pertanto avrebbe potuto e dovuto essere preso in attenta considerazione, con l’adozione di tutte le misure idonee ad evitarlo o, comunque, a contrastarne le conseguenze dannose nel miglior modo possibile”. Inoltre, “il rischio di una particolare sensibilità della folla e del pericolo di una sua reazione scomposta a fronte di qualsiasi, anche minimo, evento scatenante era ancor più prevedibile proprio dopo gli ultimi attentati terroristici, che si erano verificati in occasione di manifestazioni partecipate da un gran numero di spettatori e che non erano noti soltanto alle forze dell’ordine”, ha concluso Abenavoli.
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