Il rumore del vento che soffia forte su Torino è l’unico suono che si percepisce nitidamente nel centro del capoluogo piemontese, tornato in “lockdown” per la quarta volta.
Dopo le chiusure dell'anno scorso, di novembre e di Natale infatti, Torino rivive le stesse scene di 365 giorni fa, come se la pandemia si divertisse a riportare indietro il tempo schiacciando il tasto rewind.
Serrande abbassate, negozi chiusi e qualche persona che si affaccia timidamente all’ingresso di un bar per un caffè d’asporto. In centro non c’è quasi più nessuno: solo in piazza Castello, proprio sotto il palazzo della Regione che esibisce uno sbiadito striscione con la scritta “Riparti Piemonte”, ci si imbatte nella presenza di Anita e delle sue compagne, che anche in zona rossa proseguono nella loro protesta contro la Dad.
Quello che è cambiato rispetto a un anno fa sono i cartelli e gli avvisi esposti dai negozianti. Arcobaleni e slogan di speranza hanno infatti lasciato campo a messaggi inequivocabili, scritti con un pannarello: “Chiuso per zona rossa”, oppure “vendesi”, “affittasi” e “cessata attività”."Chiedo che il Comune disponga che la gratuità del posteggio su strada su tutto il territorio cittadino si applichi automaticamente nel caso in cui la Zona Rossa scatti nuovamente in futuro, cosa che non ci auguriamo assolutamente" è la proposta di Silvio Magliano, capogruppo dei Moderati, per venire incontro alle esigenze dei lavoratori non in smartworking.
L’allegro vociare che una giornata di sole come questa avrebbe sicuramente portato in centro, è sostituito dal silenzio spezzato dal vento che soffia forte e scuote i drappi delle Atp Finals, evento di tennis che inizierà quest’anno, in autunno.
Nelle stazioni, che tra qualche mese potrebbero accogliere nuovamente turisti e vedere torinesi partire per raggiungere un parente o andare in vacanza, pochissimo movimento: la polizia ferroviaria, passeggiando per Porta Susa, controlla a campione qualche cittadino con la valigia ma lo scheletro e le poche persone fanno apparire la stazione ancora più vuota.
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La speranza dei torinesi? Che la città possa per quel periodo tornare alla normalità e uscire così dall’incubo del lockdown.
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