Il Nazionale

Cronaca | 26 febbraio 2021, 15:06

Assoluzione piena, dopo un’odissea lunga otto anni, per due imprenditori astigiani

Il Tribunale di Benevento ha rigettato le richieste di condanna avanzate dalla Procura nei confronti di Pier Luigi e Massimo Accornero e di altri 11 imputati

Assoluzione piena, dopo un’odissea lunga otto anni, per due imprenditori astigiani

Si è chiusa, dopo otto lunghi anni, la vicenda giudiziaria che ha visto imputati, presso il Tribunale di Benevento, gli imprenditori astigiani Pier Luigi e Massimo Accornero, padre e figlio rispettivamente di 82 e 56 anni. I due, in veste di presidente del CdA e di amministratore delegato della “Accornero srl”, erano stati chiamati a rispondere alle accuse di traffico illecito di rifiuti, falso in atto pubblico e abuso d’ufficio in concorso con pubblico ufficiale.

Reati, per i quali la pubblica accusa aveva chiesto sei anni e sei mesi, dai quali i due imprenditori sono stati assolti: con formula “perché il fatto non sussiste” con riferimento al traffico illecito di rifiuti e falso in atto pubblico e “perché il fatto non costituisce reato” in merito alla contestazione di abuso d’ufficio in concorso.

DAGLI ARRESTI DOMICILIARI ALLA ASSOLUZIONE CON FORMULA PIENA

Per comprendere meglio la vicenda che li ha visti involontari protagonisti, insieme ad altri imputati anch’essi assolti, è però necessario fare un passo indietro e tornare al 2014. Anno in cui – nell’ambito di un’indagine condotta dalla Guardia di Finanza e dal Corpo Forestale campano – l’impresa con sede a Viarigi che vede a capo i due imprenditori è stata correlata a un presunto traffico illecito di rifiuti speciali in relazione allo sfruttamento di un sito minerario di rocce feldspatiche alla località Battaglia di Castelpagano, per il quale la Accornero disponeva fin dal 1999 di autorizzazione concessa dal Corpo delle Miniere del Distretto di Napoli.

Secondo l’accusa – che inizialmente aveva prospettato a carico di alcuni degli imputati un numero ancor più elevato di capi d’imputazione, per l’esattezza 12, tra cui associazione per delinquere e truffa, non ottenendo però l’autorizzazione a procedere da parte del Gup presso il Tribunale di Napoli – l’azienda astigiana, dopo aver effettuato la lavorazione dei minerali estratti, avrebbe trasferito e sversato, nel periodo compreso tra il 2000 e il 2013, circa 800mila tonnellate di rifiuti speciali in terreni privati, in una ex cava e, in ultimo, presso la miniera di Castelpagano.

Un castello accusatorio completamente smantellato dal Tribunale di Benevento che, come accennato, ha disposto l’assoluzione per tutti e undici gli imputati (la posizione di una dodicesima persona, nel frattempo deceduta, è stata stralciata), tra i quali figura anche un altro astigiano, il 65enne Danilo Amerio, tecnico della “Accornero” per il quale il PM aveva chiesto una condanna a due anni e sei mesi di reclusione.

LA SENTENZA NON CI RISARCISCE DEL DOLORE VISSUTO

Una sentenza, accolta con comprensibile soddisfazione da parte dei due imprenditori, che comunque non lenisce il ricordo di quanto vissuto. Che, spiegano oggi: Ha comportato la perdita di un mercato da circa 2,5 milioni di euro di fatturato l’anno, il licenziamento di 15 dipendenti più la perdita del lavoro di un indotto pari a circa 30 persone, il blocco dei conti bancari per un certo periodo di tempo, una crisi economica e finanziaria per l’Accornero, che, andandosi ad aggiungere a quelle già esistenti nel panorama italiano ed europeo, ha messo di fatto ‘in ginocchio’ la società che da quel momento in poi non è più stata in grado di riprendersi ed è stata costretta a ricorrere ad una procedura di ‘ristrutturazione del debito’, ancora oggi in corso, oltre ovviamente al sostenimento delle spese legali”.

A tutto ciò si aggiunge poi l’aspetto personale: “Abbiamo dovuto subire – affermano gli imprenditori – l’onta di accuse ingiuste ed accettare la cattiveria ed il fango che l’opinione pubblica ci ha tirato addosso in questi otto lunghi anni, abbiamo dovuto fare i conti con la somatizzazione di tutto ciò, sia da un punto di vista fisico, ma soprattutto da un punto di vista psichico, perché certe esperienze, checché se ne dica, ti segnano per sempre, lasciandoti uno stato di depressione e di ansia permanente. Abbiamo dovuto fare i conti con il dolore per la perdita di una moglie e di una mamma, che se ne è andata qualche mese fa, anche a causa dell’immenso dispiacere e della frustrazione per quanto stava accadendo alla nostra famiglia, senza aver avuto modo di poterle prospettare una conclusione positiva della vicenda. Una conclusione positiva che, tuttavia, di fronte alla tragedia societaria e soprattutto umana che ci ha toccato, resta comunque una magra consolazione”.

Gabriele Massaro

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