Non è stata una Messa Solenne di San Giovanni, come le altre. quelle celebrata questa mattina in Duomo dall’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia. Con duecento presenti invece che i soliti cinquecento, in tanti si sono comunque recati fuori dalla chiesa nella speranza di entrare e ricevere la benedizione in occasione della celebrazione del santo patrono del capoluogo.
Confermata la presenza delle autorità, rappresentate da almeno un esponente, a rimanere fuori sono stati i torinesi comuni: anziani, in primis. “Siamo qui dalle nove, perché non ci fate entrare?”. E ancora: “Vogliamo assistere alla messa, non manchiamo da 15 anni”. Al suo ingresso, la sindaca Chiara Appendino ha provato a placare gli animi: “Dovete avere pazienza, non possiamo fare altrimenti” sono le parole che la prima cittadina ha rivolto agli anziani in attesa fuori dai gradini del Duomo.
Qualcuno, dopo aver parlato con la sindaca, ha provato a convincere le autorità ad entrare: “Ci ha detto lei che potevamo”. La sicurezza però è rimasta inflessibile. Tra posti limitati e igienizzanti all’ingresso, la Messa solenne si è svolta comunque regolarmente. A celebrarla monsignor Cesare Nosiglia. L’arcivescovo, di fronte alle autorità e ai torinesi, ha rivolto un messaggio a tutti i cittadini. Il tema toccato nell’omelia che ha seguito il brano di Vangelo di Matteo (21.24-27) è stato quello della riscoperta di alcuni importanti valori durante la pandemia del Coronavirus come la solidarietà tra popoli e persone di differente classe sociale.
Se l’argomento lavoro era stato ampiamente dibattuto, con l’invito di Nosiglia a privilegiare il rispetto della persona rispetto al mero profitto, l’arcivescovo ha citato San Giovanni Battista per richiamare le autorità a non essere avide e a lavorare per la cittadinanza: “Siamo degli amministratori di beni che vengono da lui e a lui dovremo restituirli, senza tenere niente per noi stessi, se non la serenità del cuore di aver compiuto il nostro dovere fino in fondo”.
“Quando hai fatto ciò che dovevi fare, -ha aggiunto - ci dice il Signore, dì pure: sono un servo inutile che ha compiuto solo il suo dovere”.
"Senza questa sponda sicura andiamo alla deriva e prima o poi paghiamo un prezzo altissimo all’idolatria del dio, che assume i nomi di denaro, potere, orgoglio, sopravalutazione di se stessi, fuga dalla proprie responsabilità verso il bene comune. Oggi nel contesto storico che stiamo vivendo c’è bisogno di un supplemento di responsabilità collettiva per ricuperare nei comportamenti pubblici e privati” ha proseguito Nosiglia. L’arcivescovo, ha poi concluso: “San Giovanni Battista ci aiuti a credere in tutto ciò e a fare della speranza che lui ha predicato e vissuto il volano di una società nuova che non nasce sulle rovine del passato, ma sulla certezza di un futuro che è nelle nostre mani”.
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