Il Nazionale

Cronaca | 26 maggio 2020, 19:08

Delitto all’Auchan: “Io che l’ho vissuto, vi racconto l’inferno di Francesco, nato e cresciuto al Forteto”

“Non ci sono giustificazioni per quello che ha fatto ma anche Mihaela è una vittima di quella setta fiorentina. Inchieste e scuse non bastano più”

Delitto all’Auchan: “Io che l’ho vissuto, vi racconto l’inferno di Francesco, nato e cresciuto al Forteto”

“Voglio essere chiaro: niente giustifica ciò che ha fatto Francesco, del resto subito dopo aver ucciso Mihaela, non è fuggito ma si è consegnato alla Polizia di Stato, consapevole che dovrà pagare per quello che ha fatto. Però io sono convinto che la morte di questa povera ragazza, ha radici lontane e che forse se l’indagine sul Forteto avesse preso un’altra piega, si sarebbe risparmiato molto dolore”.

Ha un tono di voce pieno di dolore e rabbia, Sergio Pietracito, imprenditore agricolo fiorentino, presidente dell’Associazione Vittime del Forteto, mentre cerca le parole giuste per raccontare il pesante passato di Francesco Borgheresi, senza voler mancare di rispetto alla famiglia di Mihaela, la donna che lui ha ucciso con quattro colpi di pistola, nel parcheggio dell’Auchan di Cuneo.

“Io conosco bene cosa ha sofferto Francesco, perché io ero lì, al Forteto quando lui, bambino, veniva maltrattato da tutti i componenti di quella che la stessa sentenza che ha condannato il suo ideatore a più di 15 anni per maltrattamenti e violenza anche su minori, definisce setta. Io sono stato al Forteto per oltre dieci anni e ricordo bene che Francesco era un bambino mite, parlavo poco e viveva nel terrore: deriso e maltrattato, veniva punito severamente per nulla.

Ho ben impresso nella mente quando piangeva, abbandonato per tutta la notte sul pianerottolo della casa, avvolto nel lenzuolo che lui, senza volere, aveva sporcato di pipì. Anni terribili, che hanno segnato per sempre la sua esistenza e forse anche compro esso il suo modo di relazionarsi con gli altri. Lui uscì da quell’incubo a 19 anni partendo militare e non mise più pied al Forteto. Anzi, testimoniò anche contro la madre al processo sul Forteto ed i suoi discutibili metodi educativi. Però non c’è nulla da fare, quell’orrore ti resta appiccicato all’anima - conclude Sergio Pietracito - Non basta il commissariamento, istituire commissioni d’inchiesta, le sentenze e i convegni. Non basta riconoscere di avere sbagliato.

Quando si crea un corto circuito occorre ripararlo. Se si vuole evitare che accadano ancora fatti come l’omicidio di Mihaela a Cuneo -, il Forteto deve essere chiuso e le vittime devono essere assistite e risarcite. Non bastano più le scuse”.

 

NaMur

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