In quella calda mattina del 30 agosto del 2017 all’udienza davanti al Santo Padre a Roma, c’era anche Francesco Borgheresi, il militare di 42 anni originario di Firenze che nel pomeriggio di ieri - venerdì 22 maggio - ha sparato nel parcheggio dell’Auchan di Cuneo, alla sua compagna Mihaela Apostolides 44 anni arrivata in Italia diversi anni fa dalla Romania e ora residente tra Cuneo e Saluzzo.
C’era anche lui nella delegazione delle vittime del Forteto, la comunità il cui fondatore, Rodolfo Fiesoli, è stato condannato in appello a 15 anni e 10 mesi per maltrattamenti e violenze sessuali anche su minori.
Borgheresi - una vita spesa con la divisa addosso, con diversi anni di servizio a Pinerolo, e una madre, ex docente universitaria che vive a Vicchio, poco più di ottomila abitanti nella città metropolitana di Firenze -, è stato uno dei pochi bambini a nascere e crescere in quella comunità tanto discussa. Il papà Piero aveva lasciato quasi subito la struttura e così aveva fatto Francesco, appena diventato adulto, per poi entrare a far parte dell’Associazione delle Vittime del Forteto.
La mamma, come spiegato dell’Associazione Vittime del Forteto, «Era una socia fondatrice di quella che per 40 anni è stata considerata una comunità taumaturgica per minori e disabili. In ottemperanza al sacro dogma forfetiano del rifiuto della famiglia di origine non è stato cresciuto dalla madre ma affidato dal Fiesoli ad una madre “funzionale”».
Una vittima, Francesco Borgheresi, che l’altro pomeriggio si è trasformato in carnefice.
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