Il Nazionale

Cronaca | 22 aprile 2020, 14:20

Coronavirus, le industrie piemontesi pagano il conto: persi 10 miliardi al mese. "Saltati" i piani per 7 aziende su 10

Ravanelli (Confindustria): "Urgente la riapertura, ma solo per chi rispetta i protocolli di sicurezza. In azienda più protetti che andare al supermercato"

Coronavirus, le industrie piemontesi pagano il conto: persi 10 miliardi al mese. "Saltati" i piani per 7 aziende su 10

Dieci miliardi persi ogni mese, colpite quasi 7 aziende su dieci. E' un conto salatissimo quello che le aziende piemontesi stanno pagando alla pandemia, al contagio e soprattutto al lockdown. A fare i conti è Confindustria Piemonte, che pur vedendo avvicinarsi la data del 4 maggio e una "ripartenza" che - anche se con modi e tempi ancora da chiarire - sembra imminente, ha chiesto al territorio di quantificare gli effetti del Covid 19 non sulle persone, ma sulle attività produttive.

Nel solo mese di marzo, sono state oltre il 67% le imprese che hanno subito un impatto definito almeno "rilevante" e i loro obiettivi per il 2020 si possono già definire sfumati. A seguito dei provvedimenti del governo, solo il 27% delle circa 500 aziende coinvolte è rimasta totalmente aperta, l’84% sta facendo ricorso alla cassa integrazione, mentre l’80% allo smart working. 

Per quelli che ancora adesso sono in attività, i problemi maggiori si riscontrano nell’approvvigionamento del materiale sanitario (60% circa delle aziende totalmente o parzialmente aperte), mentre il 34% ha avuto difficoltà per la mancata ricezione delle forniture da altre imprese.

“L'ndagine non fa che confermare i timori per il nostro sistema industriale, che sta perdendo 10 miliardi al mese – ha dichiarato il presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli – e rende sempre più urgente una ripresa, regolamentata e graduale, delle attività in Piemonte, così come sul territorio nazionale. Tutti noi abbiamo ormai sviluppato una piena consapevolezza dei rischi e dei comportamenti più corretti, ma rimane utile ribadire ancora una volta che la condizione essenziale per la riapertura è il rispetto rigoroso e totale degli standard di sicurezza. Potranno riprendere solo quelle aziende che in questo periodo hanno avuto modo di predisporre tutte le misure necessarie a garan

tire la salute dei lavoratori. Con la piena applicazione dei protocolli, lavorare in azienda sarà più sicuro che andare al supermercato”.

Così invece Dario Gallina, presidente dell'Unione Industriale di Torino: “L’indagine fotografa un Piemonte che s’impegna e che sta cercando di affrontare questa emergenza senza precedenti utilizzando forme di lavoro inedite, come lo smart working, che porteranno positive opportunità nel futuro. Ma la resistenza delle aziende non può essere infinita. I risultati dell’indagine sono chiari: senza la liquidità in tanti non riusciranno a ripartire. Se le priorità sono la salute e la sicurezza di tutti, dobbiamo essere consapevoli che più si protrae la chiusura delle aziende, più aumenta il rischio della loro non riapertura e della conseguente perdita di migliaia posti di lavoro. Bisogna ora pensare ad una fase 2 che garantisca un accesso immediato al credito e ne snellisca le procedure permettendo a tutti di ripartire e lavorare in completa sicurezza”.

Tentando di guardare al futuro, il 90% degli imprenditori non vede altre soluzioni che attendere il ritorno alla normalità e circa la metà ritiene utile ricalibrare il paniere dei prodotti venduti. Meno efficaci o percorribili altre scelte, quali cambiare i paesi di destinazione dell’export o aumentare le vendite tramite l’e-commerce.

redazione

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